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Proietti: «I miei attori alla larga dalla tv»

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Il maresciallo Rocca vuole una compagnia stabile al Brancaccio. «Non tutti sognano d'essere comici o veline»

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L'allestimento aprirà poi dal 22 ottobre la stagione del Teatro Politeama Brancaccio che l'attore romano dirige con grande entusiasmo e volontà come rivela anche la nascita della piccola e suggestiva sala del Brancaccino. Caro da sempre al grande pubblico e attualmente sulla cresta dell'onda televisiva per la terza serie de «Il maresciallo Rocca», Proietti ha l'intenzione di occuparsi con decisione delle sorti della prosa italiana anche formando una compagnia stabile nel suo teatro in grado di dimostrarsi una sicurezza per il ricambio generazionale dell'avvenire. Dopo tanti comici di successo usciti dal suo laboratorio, ecco ora un gruppo di giovani interpreti convocati a puntare solo sulla forza della recitazione. Come funzionerà il debutto al Globe Toti Theatre? «Quando il sindaco mi ha chiesto uno spettacolo per celebrare la donazione allo stato di Villa Borghese ho pensato subito a "Romeo e Giulietta" e avrei voluto ambientarlo nel laghetto. Le difficoltà logistiche mi hanno indotto a proporre la nascita di una struttura ispirata alla piattaforma elisabettiana e destinata a diventare permanente. Mi hanno dato retta e l'hanno subito costruita, ma ora non so cosa accadrà dopo il mio lavoro. Per me è un sogno estivo e credo che i tempi di gestione saranno molto lunghi con una serie di problemi pratici da risolvere. A Londra il teatro analogo è utilizzato anche quando piove con distribuzione di impermeabili per la platea in quanto i palchi sono coperti. Con il clima di Roma si potrebbe sfruttare molto bene». Cosa significa dirigere un dramma di Shakespeare? «Sono d'accordo con chi dice che si tratti di una specie di scommessa. Dopo il gusto per il verso e per la dimensione letteraria, è ora di rispettare l'impostazione legata all'attore. La difficoltà sta nella lingua che è veramente ambigua in tutta la gamma dall'osceno al sublime. Io ho voluto ovviare scegliendo venti giovani professionisti con 150 provini». Gli amanti di Verona sono più veri se affidati ai ragazzi? «Sicuramente. Non amo le visioni piagnucolose e considero questo testo duro e violento con grandi squarci lirici. Punto sulle terribili faide familiari e sugli incontri sorretti dalla passione fisica, ineluttabile e dolorosa come sempre è l'amore. L'energia e la freschezza di questi attori può riuscire a mantenere intatte le emozioni del dramma». La sua attuale compagnia diventerà stabile? «Desidero che sia considerata la compagnia del Teatro Politeama Brancaccio, un nucleo aperto a nuove scritture e anche alla collaborazione con interpreti più noti ed esperti. Ho scoperto che esiste una zona di giovani artisti che vogliono tenersi al di fuori dalla televisione e cimentarsi con la tradizione scenica. Non tutti vogliono diventare comici o veline e allora per me è giunto il momento di verificare se sia ancora possibile basare il buon teatro sulla recitazione. Mi piacerebbe, inoltre, che il Brancaccio non fosse un teatro-albergo che ospita solo compagnie viaggianti e vorrei sostenere l'attività di produzione». Sono lontani i tempi di «A me gli occhi, please»? «A quell'epoca volevo fornire un'alternativa a una prosa paludata e accademica che la gente comune non comprendeva. Ma adesso non si può credere che ci sia spazio solo per il cabaret!».

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