di ALESSANDRO GIANNOTTI IL PHILADELPHIA Museum of Art celebra la disegnatrice di moda Elsa ...
Non un caso la scelta del titolo «Shocking!»: Shocking come il nome del suo profumo, del 1937, la cui immagine pubblicitaria fu disegnata da Marcel Vértes mentre il flacone fu realizzato dalla scultrice Leonor Fini che lo sagomò sulle rotonde forme dell'attrice Mae West; Shocking come quel rosa che ideò rifacendosi a uno dei rosa accesi di Bérard; Shocking come «Shocking Life» il titolo della sua autobiografia scritta poco prima di chiudere, nel 1954, l'atelier parigino. Simbolo di una raffinata fantasia creativa, la Schiaparelli rappresenta una delle figure più interessanti della moda degli anni Trenta tanto che il settimanale intellettuale The New Yorker nel 1932 scrive: «Un grembiule disegnato dalla Schiaparelli è come una pittura moderna» e lei stessa ribatteva dichiarando che "Creare abiti più che una professione è una vera e propria arte". Nata a Roma da una famiglia di intellettuali conosce nel 1914 a Londra il conte William de Wendt de Kerlor che sposa e dal quale avrà una figlia. A 25, già separata e senza un lavoro fisso inizia a collaborare con antiquari. Ma è nel 1924 che grazie ai consigli dell'amico Paul Poiret decide di entrare nel mondo della moda aprendo un piccolo atelier nella parigina Rue de Seine. Un successo inaspettato i suoi pullover neri con disegni bianchi a trompe-l'oeil che vengono acquistati anche dai department store americani Strauss, i maglioni tatuaggio che ridisegnano l'ossatura del corpo umano, i costumi da bagno in semplice jersey. Pioniera nell'introduzione di materiali come il tweed, nel '36 esordisce con una mantella in plastica trasparente, stravolgendo la moda del periodo. Stringe contatti con gli artisti del momento come Salvator Dalì dalla cui collaborazione nascono i famosi abiti con aragoste dipinte o le borse in velluto a forma di telefono, Jean Cocteau, e Elsa Triolet e Louis Aragon che per lei creano collane ispirate a pastiglie di aspirina. È del '37 il tailleur con tasche a cassetti sporgenti desunto proprio dalla Venere di Milo di Dalì. Durante la II Guerra mondiale si trasferisce a New York dove milita nella Croce Rossa Internazionale per poi, nel 1949, aprire una sartoria. Qualche anno dopo rientra a Parigi accogliendo nel suo atelier giovani stilisti come Hubert de Givenchy e Pierre Cardin. E la mostra di Philadelphia, curata da Delys E. Blum, vuole essere anche un ringraziamento a questa stilista che nel 1969 donò al museo oggetti, abiti e schizzi delle proprie creazioni.