«Le mamme ballano meglio»
Agenda fitta di impegni per la étoile Alessandra Ferri
C'è molta Scala (Petit e MacMillan) nel suo immediato futuro ma anche molta Manhattan e molta tangibile felicità, quella che le deriva dall'essere riuscita a coniugare la vita con l'arte, gli affetti con la passione lavorativa, la donna con l'artista. «Sono felice: madre di due bimbe di sei e un anno e mezzo. Mi hanno cambiato la vita, mi hanno fatto scoprire come donna - dice la grande étoile - Avere un figlio significa per una donna cambiare la visione del mondo: si diventa meno egoisti, si comincia a vivere per gli altri, si desidera dare e non solo ricevere. E non mi sono sentita mai così libera come quando ho smesso di identificarmi con la Alessandra artista. Adesso sono solo Alessandra, più serena e libera di dare e così dò di più anche alla danza. La maternità mi ha tolto molte nevrosi nella preparazione dello spettacolo. Una sera, vigilia di una Carmen di Petit, mia figlia aveva un febbrone: dovetti farmi coraggio e trovare in me una grande forza». Cosa la fa sentire una donna del suo tempo? «Non so. Duecento anni fa era certo diverso, ma le emozioni, l'interiorità, i sentimenti restano gli stessi. Cambia solo il modo di esprimerli». Quanto conta il corpo per una danzatrice? «Il corpo è lo strumento, l'unico strumento. È tutto, il mezzo per esprimere, La cura e la conoscenza del corpo sono essenziali. Le mie gravidanze sono state facili, impegnativo è stato il recupero atletico: non basta dimagrire, bisogna ricostruire la muscolatura». Ma quando un danzatore capisce se è giunta l'ora di lasciare? «Il corpo cambia e lo si sente. La prima cosa che un ballerino perde è il salto, la forza muscolare. Con l'età si guadagna in esperienza e sfrutta il corpo al meglio, ma ci sono balletti massacranti per il corpo, come "Don Chisciotte", che vanno lasciati da parte. Quanto al ritiro vi sono due diversi aspetti: un ballerino di fila può lasciare anche a 40 anni perchè la resa scende, una étoile deve invece smettere quando il corpo non esprime più. La danza non è solo braccia o faccia e si esprime soprattutto col piegamento del corpo all'indietro. Una schiena rigida è il segnale di allarme». Perchè danzare oggi? Quali rinunce costa? «La danza è come le altre arti: dà emozioni ed è difatti proprio nei momenti difficili come ora che serve per ingentilire gli animi. Non ho rimpianti perchè vivo nel presente: faccio quello che voglio nel presente. Non penso al passato nè al futuro. Non darmi traguardi mi ha dato lucidità di cogliere il momento». Fastidi di essere star? «Solo logistici: gli spostamenti , gli aerei, gli alberghi, ma sono nulla rispetto alle soddisfazioni che ricevo in cambio. La cosa più difficile è la separazione dalla famiglia: a volte mi chiedo se valga la pena. Ma è la mia felicità e la porto con me a casa. Quando finirò di danzare resterò a casa con le mie figlie Matilde e Emma. Oggi seguono contemporaneamente due scuole bilingue, una a New York ed una a Milano così possono seguirmi sempre». Cosa aggiunge l'esperienza visiva di suo marito? «Mi aiuta il suo amore nella vita e quindi nell'arte. L'artista se è sereno, ha grande padronanza di mezzi». E se non avesse fatto la ballerina? «Avrei fatto l'etologa: mi piace lavorare con gli animali. Ma fin da piccola ho sempre saputo che avrei fatto la ballerina». Farebbe il contemporaneo? Dove va la danza oggi? «I contemporanei li faccio soprattutto se fanno bei balletti come Kylian o Twyla Tharp: ma non perdo tempo con cose solo sperimentali. Mi piacciono i ruoli interpretativi, i personaggi, meno la danza astratta. A Stoccarda farò Un tram chiamato desiderio. Non credo la danza subirà ancora cambiamenti radicali. Col corpo si è fatto tutto quello che era umanamente possibile fare. Siamo arrivati a livelli sin troppo ginnici e la danza nel secolo ormai scorso ha fatto progressi enormi. Forse c'è bisogno di tornare ad esprimere al di là dei virtuosismi».