Il romanzo denso di accadimenti interiori è percorso da una miliardaria nullafacente di mezza età e da un medico con una figlia ingombrante
Il protagonista assoluto del testo infatti è quel vento furioso e irripetibile che spira fra il Puerto Santa Maria e Cadice, all'interno di quel golfo agitato e crudele che per tanti anni è stato «il mare» di Rafael Alberti, prima che si trasferisse a Madrid. Quel vento è importante, fondamentale per comprendere gli sviluppi della storia di dolore, di pena, ma anche d'amore, che unisce Sara Gòmez a Juan Olmedo, travolti dall'onda anomala di quel famoso vento che incide sui caratteri, sui comportamenti, sulle azioni dei due e sui loro comprimari. Inutile scomodare Freud o Jung per dimostrare che quei soffi violenti e incontenibili mutano gli umori, generano azioni imprevedibili, costringono i personaggi ad azioni che sfuggono al controllo della mente per svariare lungo tracciati e percorsi strani e singolari. I due dunque vivono a Madrid, ma vogliono il mare, la schiuma fitta di quelle onde incontenibili battute da tutte quelle folate, e si trasferiscono in un complesso di piccole ville in un paesino del golfo di Cadice, dove bisogna chiudere porte e finestre per difendersi da correnti d'aria che soffiano duramente su persone e oggetti. Sono due personaggi che la Grandes disegna a tutto tondo, profondendo ogni sua energia di carnosa scrittrice per raccontarne gli umori e le azioni: lei, Sara, è una solinga miliardaria, di mezza età, che sfugge a ogni tipo di compagnia, e si diletta nel non far nulla, subisce gli eventi e basta; lui, Juan, è un medico quarantenne con una ragazzina fra i piedi. L'uno e l'altra sono a caccia di protezione, di pace, e non basta il famoso vento a distrarli da questo obiettivo. Hanno tanti segreti e misteri da preservare, che il rifugio diventa un'ultima spiaggia per loro. Hanno lottato contro la vita aggressiva che li ha perseguitati, e l'atmosfera dolente degli annidi tirocinio sembra ora essersi trasferita con loro sul mare gaditano, ma c'è anche un rancore sordo verso il passato che non concede tregua ai due, li condanna ad una fitta serie di piccoli gesti vendicativi. Ogni meccanismo di difesa contro il passato è fragile a fronte dell'onda violenta della memoria che non consente scampo di alcun genere. È tutt'altro che dolce la ricordanza, assume via via la configurazione di una vendetta senza speranza. La nuova casa risulta del tutto estranea ai due che continuano a scavare nella fossa dei ricordi, e vi cavano fuori tutto. Juan proviene da una lunga, tormentata relazione con la moglie del fratello, dalla quale ha avuto una figlia che aggrava la tensione, perché l'uomo non rinuncia a gesti estremi e improbabili per fronteggiare l'anomalia della sua condizione. Come ci si può difendere dal passato che il vento furioso di continuo restituisce tagliandoti il volto e aprendo ferite immedicabili? Appare all'improvviso un misterioso terzo uomo, un poliziotto, quasi venuto dal tumulto delle ondate infrenabili: percorre le spiagge allucinate di un inverno freddo e deserto, dopo che le folle estive sono fuggite altrove. Serve, il personaggio singolare, a far uscire ancor più gli scheletri dagli armadi, per proiettarli, impotenti all'urto così tenace della memoria: si trascinano dietro illusioni, speranze e ripensamenti, un'onda di rammarico per tutto quanto non è stato e poteva essere. La perdita delle occasioni taglia a pezzi il proprio destino e lascia un deserto battuto dal vento, appunto. Sullo sfondo di un paesaggio così crudele e inquietante, la Grandes va a situare le pedine di uno scacchiere fascinoso e spietato: figure tormentate, bambini indifesi a fronte degli errori degli adulti, persone all'apparenza cresciute ma non svezzate, del tutto incapaci di correggere i propri vizi d'infanzia. Scritto in forma piana e suadente, in suggestivo contrappunto con la drammaticità degli eventi narrati, questo romanzo di Almudena Grandes se da un canto conferma le sue straordinarie doti di scrittrice,