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di FRANCO CARDINI SI HA l'impressione a volte, sentendo parlare i politici, che si sia sviluppata ...

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Le riforme vengono invocate di continuo, in ogni campo, da persone che senza dubbio saranno competenti ma che, fra l'altro, si dovrebbero render conto che non tutta l'opinione pubblica lo è altrettanto; e che, quando si parla di riformare qualcosa, bisogna pur entrare nel merito. Altrimenti, "riforma" diventa il passepartout che dovrebbe risolvere e sistemare tutto, l'abracadabra che dovrebbe toglierci dai guai. Ora, le riforme sono mezzi, strumenti: che non vanno mai confusi con il fine per cui vengono attuate. Che istituzioni e strutture italiane siano antiquate e poco funzionali, d'accordo: ameremmo però sapere in quali casi, fino a che punto e in che senso vanno riformate. Non a caso molte riforme, una volta attuate, finiscono col dimostrarsi un male peggiore di quello che intendevano curare. Andava davvero riformato, l'assetto del ministero per i Beni e le attività culturali, uno dei più importanti e dei più trascurati d'Italia? È quanto si è fatto con un decreto approvato dal consiglio dei ministri il 19 settembre scorso: ed è stato subito annunziato, dal ministro Urbani in persona, che la riforma serve a meglio salvaguardare i "tesori" del "Bel Paese". A parte il linguaggio vagamente caseario con cui si indica quel che un tempo era la Patria o la Nazione, a quali criteri vuol rispondere e quali esigenze vuole salvaguardare la riforma? Il ministero viene adesso strutturato in tre dipartimenti, dai quali dipenderanno le varie direzioni generali. I dipartimenti sono: Antichità, "Belle Arti" (sic) e Paesaggio; Spettacolo e Sport; Ricerca e Innovazione. Relativamente poche le novità riguardo il secondo dipartimento, nel quale sembra si dia maggiore spazio e attenzione alla musica (sarebbe l'ora, nel Paese del Bel Canto affetto da un assoluto analfabetismo musicale che comincia dalla scuola) e alla vigilanza sullo sport, della quale sembra davvero ci sia - dalla corruzione all'ordine pubblico - un forte bisogno. L'osservatore esterno può restar perplesso dinanzi all'enfasi con cui si sottolinea il terzo dipartimento: può sembrar ipertrofico creare un intero settore istituzionale che gestisca oggetti quali Risorse Umane, Formazione, Innovazione Tecnologia, Promozione (tutte con le maiuscole). Il fine, naturalmente, è modernizzare e specializzare. A tale dipartimento afferiranno gli Istituti di Ricerca (Restauro, Catalogo e Documentazione, Storia dell'Arte, Pietre Dure); e non mancherà un Ufficio Servizi per la (sic) "promozione al merchandising". Così com'è stato presentato, si ha piuttosto l'impressione di trovarsi davanti a un immenso Ufficio Studi con allegato Settore Pubblicità: un ottimo boccaporto per imbucare assunzioni compiacenti e un pozzo senza fondo per macinar soldi gestiti da personale la competenza del quale sarà controllata da Chissacchì. Ma quel che lascia davvero perplessi, specie in concomitanza con la riforma della scuola, è il primo dipartimento. Dall'istituzione del quale impariamo che le ricchezze "eccellenti" (un altro aggettivo-chiave: non si è mai parlato tanto di "eccellenza" quanto si faccia oggi...) del Bel Paese sono quelle antiquario-archeologiche e artistiche, sedi privilegiate per la tutela e l'esposizione delle quali saranno - oltre le città e i monumenti che le ospitano - i musei e le esposizioni; c'è poi il paesaggio, e qui il discorso si articola e si complica perché si entra in contatto (e si entrerà in conflitto) con i dicasteri dell'Ambiente, dei Trasporti, dell'Agricoltura, delle Grandi Opere eccetera. Manca qualcosa. Per carità, una bazzecola: ci mancherebbe. È tuttavia assente uno straccio di direzione generale che si occupi dei Beni Archivistici e Librari. Migliaia di archivi, che prima dell'istituzione del ministero per i Beni culturali e ambientali venivano controllati da quello degli Interni (e magari adesso lo rimpiangiamo); migliaia di biblioteche, contenenti milioni di libri, un patrimonio immenso (anche in termini venali), del quale un tempo si occupava il ministero dell'Istruzione (allora detta Pubb

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