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Dramma d'amore in bello stile

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UN felice ritorno al cinema di Maurizio Costanzo, dopo la sua collaborazione con Scola nel '77 per «Una giornata particolare». Oggi, per la regia di Alessandro di Robilant («Il nodo della cravatta», Il giudice ragazzino»), ci propone una dolente storia d'amore a due facce. La prima è quella di Giovanni, un apprezzato penalista, che, pur sposato con prole, ha stretto da quattro anni una relazione con Sara, una giovane donna di cui è furiosamente innamorato, pur con alti e bassi, dato il carattere instabile dell'altra. Così instabile, anzi, che a un certo momento Giovanni si sente annunciare al telefono che tutto è finito. Senza spiegazioni e senza possibilità di averne perché Sara, di colpo, sembra vanificata nel nulla. Per Giovanni, moralmente e fisicamente è la fine. Colpito da una tale depressione da distaccarsi da tutto, pur preso in cura da una psicoterapeuta, si autodistrugge e presto muore. D'amore. L'altra faccia della storia, adesso, è quella di Sara che, informata dallo psicoterapeuta della morte di Giovanni, entra a sua volta in crisi. E come prima, con un'abile trovata di sceneggiatura, attraverso i ricordi di Giovanni siamo stati informati, dalla parte di lui, di come quell'amore si era svolto ora, attraverso i ricordi (e i rimorsi) di Sara, apprendiamo di quell'amore dalla parte di lei, tutt'altro che negativo solo, spesso, incapace di rivelarsi e di esprimersi. Questo duplice dramma, grazie alle immagini sempre buie di Maurizio Calvesi, è stato risolto dalla regia di Robilant (nelle eleganti cornici dello scenografo Osvaldo Desideri) con partecipazione intensissima ed una tale finezza di tocco da poter evocare, al momento dei ricordi di Sara, anche il personaggio di Giovanni «come vivo» senza fratture di stile. Lo interpreta, con tratti dolorosi ma segni sempre contenuti, Giancarlo Giannini che ha di fronte, come Sara, una misteriosa ma anche luminosa Francesca Neri, turbata con attente misure.

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