di FRANCO CARDINI LO CONFESSO.
Non m'interessa affatto stabilire se il nostro presidente del consiglio sia un impenitente e involontario gaffeur o uno stratega mediatico che ama parlare come parla e pensa (o come lui crede che parli e pensi) quella parte del popolo italiano che lo appoggia e provocare di continuo, spiazzandoli, i leaders dell'altra parte. Certo che Mussolini ebbe pesantissime responsabilità; certo che molti furono anche i morti che gli pesavano sulla coscienza, ne avesse o no direttamente deciso la soppressione; certo che il confino era ben altro che una villeggiatura. Com'è non meno certo che il fascismo fu un tipo di dittatura qualitativamente diversa dai due grandi totalitarismi del Novecento, anche se la sua colpa di essersi alleato con uno di essi (il nazismo) resta immensa. Mi sono invece sempre chiesto come sia potuto succedere che i virtuosi portatori del Verbo liberaldemocratico si siano così facilmente autoassolti dalla colpa dell'aver collaborato con l'altra tirannide, quella stalinista. Se il casus belli della seconda guerra mondiale fu l'invasione della Polonia, perché Francia e Inghilterra non dichiararono guerra anche a Stalin, che se n'era presa mezza? Necessità pratica, direte voi: come si sarebbe potuto sostenere un conflitto contro entrambi i dittatori? Quindi, ammettete che nel nome della politica si possano far degli strappi alla morale. Oggi è certo che i governi statunitense e britannico sapevano perfettamente, almeno fin dal 1942, che cosa stava succedendo nei Lager nazisti (nel '41 il Congresso degli Usa rifiutò di accogliere 20.000 bambini ebrei che eccedevano le «quote» di ammissione degli immigrati). È solo il cinismo di Mussolini a non aver diritto agli sconti che si accordano con molta facilità a quello dei governi democratici? Ma non è questo il punto. Quel che mi ha dato fastidio è stato - con molte eccezioni, d'accordo - il triste miscuglio di moralismo e di malafede affiorato in questa polemica. Nella reiterata condanna del fascismo e di Mussolini ho colto una nota stonata. Non che tali giudizi non siano legittimi in sé. Il punto è che ci si è serviti anche d'una rinnovata ventata di sdegno antifascista per proseguire quella lotta politica a Berlusconi che su altri piani si fa con il sostegno alla magistratura da lui attaccata o con la critica delle sue posizioni in politica estera. Ormai, il tiro a segno sulle sue sortite è diventato un tormentone intollerabile come quelle sortite stesse. Che poi ci si serva di Mussolini, in questo contesto, è chiaramente una forma di slealtà in più. È chiaro che si attacca Berlusconi perché si vuol mettere in difficoltà un àmbito preciso dei suoi alleati, quello di An, un partito dove già profonde sono le spaccature. Quanto al duce, non difenderò la sua memoria. Non sono d'accordo con chi rifiuta l'argomento qualitativo, a proposito delle sue vittime, dichiarando che poche o molte fa lo stesso. Non è vero.. La nostra sensibilità, da almeno mezzo secolo, è particolarmente attenta ai temi del genocidio: che non può essere derubricato a semplice assassinio politico. Mussolini collaborò a un genocidio. Forse lo fece controvoglia, forse non ne ebbe mai chiara consapevolezza: ma ne porta una parte di ersponsabilità e nessuno può dimenticarlo. Così come sua è la responsabilità dei massacri compiuti durante la guerra italo-etiopica del '35-'36. Ma eccoci al punto. I buoni democratici che nei giorni scorsi si sono sentiti antifascisti hanno guardato bene nelle loro coscienze? Comincio, a dir la verità, ad averne abbastanza di questa grossolana ignoranza della storia da parte degli italiani. Ma credete davvero che i morti li facciano solo i dittatori? Non parlerò delle vittime del comunismo, perché di esse, com'è noto, nessuno è oggi disposto a addossarsi una corresponsabilità: nemmeno quelli che nel '53 (e sono tanti...) facevano il servizio d'onore ai ritratti di Stalin appena scomparso nelle se