SAN VITTORE diventa una maison di moda a tutti gli effetti.
A svelarlo è un servizio fotografico esclusivo che sarà pubblicato da oggi sul prossimo numero del settimanale «Anna» diretto da Roselina Salemi, cui per la prima volta sono state aperte le porte della sorprendente realtà che si nasconde all'interno della sezione femminile del carcere milanese. «Abbiamo voluto realizzare questo servizio per il primo numero del rilancio di Anna - spiega Roselina Salemi, direttore del settimanale - un numero dedicato alle nuove collezioni moda, quella moda che è organica a un sistema di produzione del lusso e che per continuare a vivere ha bisogno di conoscere e incontrare altre realtà. San Vittore in questo senso rappresenta un luogo che è stato capace di far nascere un'esperienza di grande creatività». «Ogni giorno - racconta Anna - un piccolo gruppo di detenute italiane e straniere confeziona vestiti. Cuciono sete, pizzi e merletti, velluti e organze. Si pensi che dalle loro mani sono usciti i costumi per il Teatro Alla Scala, per opere come per Riccardo III, Amleto e Otello, cosi come quelli realizzati per alcuni spot pubblicitari o, addirittura, alcuni body creati per le Veline di Striscia la Notizia». «Le aspiranti sarte, giovani e anziane, sono cinesi, albanesi, sudamericane e italiane. Quasi tutte sono finite in galera per spaccio o traffico di stupefacenti. Fuori, molte di loro hanno mariti o figli che le aspettano. Grazie alla cooperativa Alice - racconta ancora la rivista - imparano un mestiere, accorciando cosi il tempo che le separa dalla libertà». «La moda deve essere attenta alla società - confermano gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana - altrimenti rischia di fallire». A confermare l'interesse dei consumatori per i prodotti «etici», una recente ricerca della società Vita Comunicazione, esperta di no profit, secondo la quale il 56% degli italiani amano gli acquisti utili. Non è un caso, quindi, se la tendenza del matrimonio tra moda e solidarietà non si limita al caso S. Vittore. A Cremona, ad esempio esiste una cooperativa che raccoglie donne reduci da dolorose esperienze negli ospedali psichiatrici che produce abiti e accessori per aziende tessili e stilisti come Giorgio Armani e Missoni.