di VITTORIO AMELA PAUL Sereno, sebbene abbia solo 45 anni, è il maggiore esperto di dinosauri ...
Insomma, è un Indiana Jones (e curiosamente assomiglia anche a Harrison Ford) della paleontologia, una scienza nella quale lo spirito d'avventura va di pari passo con l'attitudine alla riflessione. Insegna all'Università di Chicago (dove è nato da padre portoghese e madre italiana) e ha fondato con la moglie Gabrielle Lyon un'organizzazione per divulgare tra i giovani le scoperte sui dinosauri e fomentare l'amore per le scienze naturali. Quando ci riceve nel suo albergo, per rompere il ghiaccio mostra subito una enorme unghia di dinosauro Suchomimus, il cui contatto trasmette un brivido che sale dalle profondità di 150 milioni di anni fa. «L'ho trovata di recente nel Sahara quasi in superficie. Ed è emozionante pensare che era rimasta lì per decine di milioni di anni». Finché un giorno non è arrivato lei. Come ha fatto a scoprirla? «Una donna ci ha detto che conosceva un luogo dove c'erano ossa di cammello molto grandi. Invece erano di dinosauro. Probabilmente i primi scopritori di fossili di dinosauri furono gli uomini preistorici, che magari ne ricavarono monili e strumenti». Chi fu il primo che ebbe il sospetto che queste ossa fossili potessero essere appartenute ad animali vissuti in epoche lontanissime? «Gideon Mantell, un medico e geologo inglese che si dedicò a ricerche paleontologiche nel Sussex insieme alla moglie Mary Ann e nel 1825 scoprì i resti di un grande rettile che battezzò Megalosaurus. Ma ad usare per primo la parola "dinosauro", che significa "terribile lucertola", fu un altro inglese, il naturalista Richard Owen, nel 1840». Quando apparvero questi feroci rettili sulla faccia della Terra? «Secondo i miei calcoli, fatti con i metodi più all'avanguardia, 228 milioni di anni fa. Il primo ad apparire dovrebbe essere stato l'Eoraptor, che forse fu il padre di tutti i dinosauri, la specie originaria». Quanto durò il loro dominio? «Durò 163 milioni di anni. Poi, 65 milioni di anni fa, un asteroide si abbatté sulla costa dell'attuale Yucatán, in Messico, e la nuvola di polvere che sollevò fu così gigantesca che per due anni la Terra rimase immersa nelle tenebre. Molte specie vegetali scomparvero, e lo stesso accadde ai dinosauri. Fu sufficiente lo spazio di una generazione perché si estinguessero. La loro scomparsa permise lo sviluppo e l'affermazione dei mammiferi, fra i quali i primati e gli ominidi». Ma forse ne sopravvisse qualcuno, per esempio nel Loch Ness, in Scozia? «Ma no, "Nessie" è pura fantasia. Sono altri, invece, i dinosauri sopravvissuti. Un paio di specie di dinosauri pennuti di piccole dimensioni, che vivevano agli antipodi del luogo in cui era avvenuta la collisione con l'asteroide, in qualche micro-habitat favorevole, riuscirono a sopravvivere. Da quelle specie superstiti discendono tutti gli uccelli. Non tutti i dinosauri erano giganteschi, ce n'erano anche alcuni che non superavano i 30 centimetri di lunghezza, come il Microraptor. Tutti i dinosauri erano terrestri, alcuni avevano le ali, ma nessuno era acquatico». Qual è stato l'animale più gigantesco che abbia mai calpestato la Terra? «L'Argentinosaurus, di cui ho rinvenuto una vertebra lunga quanto un uomo. Misurava 25 metri di lunghezza e 14 di altezza, e pesava 50 tonnellate. Era erbivoro, come tutti i grandi dinosauri». E il più grande dinosauro volante qual è stato? «Vive ancora oggi: il condor. Non pensi allo Pterosaurus, che aveva un'apertura alare di 13 metri, perché apparteneva ad un altro ordine di rettili, non era un dinosauro». Qual è il suo dinosauro preferito? «Uno che ho chiamato Nigersaurus, da Niger, il Paese africano dove abbiamo trovato i suoi resti. Sto terminando di ricostruirne l'intero scheletro, ed era un animale molto raro e stranissimo: è lungo 15 metri e ha un cranio diverso da tutti quelli che conosciamo, con una enorme bocca orizzontale piena di denti. Quando lo presenterò, farà sensazione. Diventerà f