di LORENZO TOZZI IL CONTO alla rovescia per la rinascita della Fenice ha già avuto inizio: ...
Intanto al Palafenice un ospite gradito, il Balletto della Scala di Milano, in procinto di raggiungre il Mariinsky per festeggiare il tricentenario della nascita di Pietroburgo, propone un Balanchine poco frequantato come quello del Sogno di una notte di mezza estate concepito nel lontano 1962 per il New York City Ballet. Forse non un indiscusso capolavoro, che giunge però a ricordarci del ventennale della morte del grande coreografo georgiano e del prossimo centenario della sua nascita, ma un balletto quanto mai interessante perchè assomma i due diversi volti di Balanchine, quello narrativo di balletti come «Il figliol prodigo» e quello concertante esplicito in «Concerto barocco» o «Serenade», portatori di una nuova estetica della danza pura. Due opposte estetiche per altro già coesistenti nel grande balletto imperiale russo alla Petipa, cui si rende qui implicitamente omaggio. Il primo atto così vola via leggero, seguendo sulla falsariga delle omonime musiche di scena di Mendelssohn, la traccia shakespeariana con le liti familiari di Oberon e Titania, sovrani delle fate, che attraverso l'elettrizzato e faunesco Puck coinvolgono due coppie di innamorati in una girandola di scambi che farebbe impallidire Schnitzler ma anche l'estrosa combriccola di Bottom trasformato in asino per far innamorare la bella Titania. Il secondo atto, a giochi conclusi, consiste invece solo in un mero divertissement di pure linee in stile tardoromantico. L'attrattiva della serata era però la sempre stellare Alessandra Ferri, una Tatiana impeccabile e fascinosa, che come una perla ha per trono una rosea conchiglia caraibica, qui assecondata a meraviglia dall'elegante Massimo Murru in un clima sempre notturno. L'orchestra e coro della Fenice erano diretti garbatamente ma con efficacia da David Garforth.