Nannarella, sorriso indimenticabile
/ Lì che si dissolve e mutila il presente, / e assorda il canto degli aedi». Con questi versi ispirati al film di Roberto Rossellini «Roma città aperta», Pier Paolo Pasolini tracciò il più poetico ritratto di Anna Magnani, l'attrice di cui quest'anno cade il trentennale della morte, avvenuta il 20 settembre 1973. Nata ad Alessandria d'Egitto nel 1908, Anna Magnani trascorse l'infanzia a Roma, sua città d'adozione, insieme alla madre, alla nonna e a cinque zie. Dopo l'accademia vennero i primi ingaggi teatrali, offerti dalle compagnie di Dario Niccodemi e del Teatro Arcimboldi. Ma l'inesauribile talento di Anna si rivelò soprattutto nella rivista, alla quale fu iniziata da Totò: tra il 1940 e il 1944, l'incontenibile romana e il funambolico napoletano fecero coppia fissa, portando nei maggiori teatri italiani commedie come «Quando meno te l'aspetti», «Orlando curioso», «Con un palmo di naso». Al cinema "Nannarella" esordì nella «Cieca di Sorrento» di Nunzio Malasomma, ma la sua carriera decollò solo dopo il successo di «Teresa Venerdì», il film di Vittorio De Sica del 1941 nel quale interpretava la parte autobiografica di una cabarettista. Fu nel dopoguerra, però, che la Magnani divenne l'indiscussa musa del cinema italiano. Luchino Visconti l'avrebbe voluta come interprete di «Ossessione», ma Anna dovette rinunciarvi perché era incinta del figlio Luca, nato dalla sua relazione con Massimo Serato. L'apoteosi arrivò con l'interpretazione di «Roma città aperta», il capolavoro del 1945 di Roberto Rossellini nel quale lei indossava i panni della sora Pina. L'immagine della giovane donna che insegue il camion con cui i nazisti stanno portando via il suo promesso sposo e che alla fine cade uccisa da una scarica di mitragliatrice non è solo una pietra miliare della storia del cinema, ma anche il simbolo di un'epoca e di un Paese impoverito nel corpo e nell'anima da troppi anni di terrore e di fame. L'incontro con Rossellini non fu solo di carattere professionale ma anche questa storia d'amore si concluse presto, lasciandole nel cuore una profonda amarezza. Rossellini fu stregato dal fascino algido e insieme dolce di Ingrid Bergman, così diversa dalla passionale e mediterranea Anna, e a questa non rimase che rispondere al film che Rossellini aveva scritto per la Bergman - «Stromboli» (1950) - con la contemporanea interpretazione di «Vulcano», di William Dieterle. Poi "Nannarella" si rifece dalla mancata occasione di qualche anno prima accettando di lavorare per Visconti in «Bellissima» (1951), altro capolavoro che ne confermò lo status di diva anche all'estero. E così la Magnani, malgrado la sua natura prettamente "romanesca", varcò i confini d'Italia, lasciando un segno prima nel blasonato cinema francese - nel 1952 recitò per Jean Renoir in «Carrosse d'or» - e poi in quello di Hollywood. L'avventura americana iniziò nel 1955 col film «La rosa tatuata» di Daniel Mann, tratto dall'omonimo dramma di Tennessee Williams. Ma il patinato mondo hollywoodiano, con le sue dive dalla bellezza perfetta e il fascino magnetico, mal si adattava a questa attrice dal viso spigoloso e scavato, le occhiaie profonde e i fianchi materni, fatta per interpretare donne vere, impegnate a schivare i colpi della vita, e non bambole dalle curve sinuose fasciate da vestaglie di seta. Così Anna tornò al cinema italiano, regalandoci ancora indimenticabili personaggi tra cui la prostituta redenta «Mamma Roma» nell'amara pellicola pasoliniana. Furono gli ultimi bagliori di una carriera fulminante: delusa da un cinema la Magnani si ritirò sempre più in una vita appartata, circondata da pochi amici e dai suoi amati gatti. Si concesse semmai al teatro, affrontando ruoli difficili ne «La lupa» e «Medea», e alla tv, per la quale nel 1971 girò una serie di tre episodi al fianco, tra gli altri, di Massimo Ranieri ed Enrico Ma