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Stagioni di vita in Sardegna

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CINEMA sardo. Ad opera di un esordiente, Salvatore Mereu, che si inserisce con partecipazione intelligente fra i nuovi, felici autori che l'isola ci ha regalato di recente, da Pietro Sanna («La destinazione»), a Antonello Grimaldi («Un delitto impossibile»), a Pietro Livi («Sos Laribiancos»). Quattro storie all'insegna delle quattro stagioni (nella foto una scena del film), tra le montagne del Sopramonte e quelle del Gennargentu. In primavera, dei bambini scoprono il mare. In estate, un pastore scopre il sesso, grazie a una turista francese arrivata pilotando un aliante. In autunno una suora di clausura torna a casa per il matrimonio di una nipote. Si confermerà nella vocazione, pur con un velo di rimpianto. Nell'ultima storia, in inverno, un vecchio, morendo, rivedrà tutti i suoi ricordi, legati, molti, ai personaggi delle storie precedenti che si ripresenteranno in una chiave, questa volta, non più realistica ma onirica. Senza che il passaggio provochi fratture di stile perché la regia di Mereu, pur con certe esitazioni dovute all'esordio, riesce ad immergere tutti i suoi personaggi in un clima omogeneo, pur variando gli accenti con il mutare delle stagioni. Euforici e vitali quelli, a primavera, dei bambini al mare, solari e caldi in quell'estate in cui al personaggio si rivela il sesso, mesti come una pioggia battente che li segna quelli per la suora ritornata per un giorno fra i suoi, cupi ma sublimati appunto nel surreale, quelli per la morte del vecchio. Con immagini di cronaca anche nei sogni e con interpreti, sempre autentici i non professionisti, senza contrasti con quelli l'attrice israeliana Yael Abecassis, la suora, e la francese Caroline Ducey, la donna dell'aliante. G. L. R.

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