Attese 50 mila persone al Festival emiliano, che comincia oggi Dopo felicità e bellezza, quest'anno il tema è l'esistenza dell'uomo
Sembra che non ci siano più poesia, letteratura, pittura, pensiero, senza spettacolarizzazione. Tutto è commedia, tutto è teatro, tutto è esibizione pubblica. Penso al dilagante «mostrismo» che certamente avvicina il pubblico all'arte, più però con l'attrazione dell'«evento» che con offerte assolutamente valide e ineccepibili. Penso ai vari Festival della letteratura, dove è un obbligo mondano presenziare; e che però hanno riempito le piazze anche di semplici appassionati di narrativa; penso infine al festival della filosofia che si sta aprendo nel centro dell'Emilia godereccia, con la promessa di intrattenimenti musicali e di grasse mangiate. La filosofia dovrebbe essere la meno incline delle scienze a trasformarsi in festa pubblica, rischiando di snaturarsi e di corrompersi. L'amore della sapienza vuole raccoglimento, solitudine, anche dialogo ma fra menti votate allo stesso culto. L'esibizione davanti a una folla che aspetta anche di sedersi a tavola per mangiare e bere, equivale a uno smembramento: forse lo smembramento meritato di un cadavere, perché la sapienza è obsoleta, non sappiamo che cosa farci. D'altronde la filosofia, oggi, dichiara la propria improvvisa aridità, si rassegna a formulare pensieri deboli, lascia vilmente occupare il proprio territorio dalla sociologia, dalla psicologia, dalla scienza della comunicazione e da altre discipline immanentistiche dello scibile contemporaneo. Tuttavia bisogna riconoscere a questo festival emiliano il merito di scegliere temi seducenti: nelle scorse edizioni «la felicità» e «la bellezza», nell'attuale «la vita», che è un argomento grandioso, dalle mille implicazioni. Considerando però lo scarso costrutto sortito dai precedenti dibattiti, c'è ragionevolmente da temere che anche da questo uscirà poco o niente. Eppure la vita è oggi, torno a sottolinearlo, un tema cruciale. Contro la vita come da millenni noi la identifichiamo (intendo ovviamente la vita degli esseri umani) si accaniscono idee-forza molto aggressive: aborto e contraccezione, eutanasia, manipolazioni genetiche, addirittura intolleranza per la stessa presenza degli esseri umani sulla terra; infatti, secondo i fondamentalisti del pensiero verde, l'uomo è un cancro che minaccia la felice esistenza di Gea. Al festival emiliano si ascolteranno voci robuste contro queste deviazioni da una retta, filosoficamente legittima concezione della vita? Ne dubito; tuttavia io non sono un pessimista assoluto: può darsi che anche lì cada qualche buon seme in mezzo al clamore festivaliero. La vita non si lascia tanto facilmente travolgere dalla sventatezza dei filosofi deboli e dalla fame di intrattenimento che ormai riduce a propria somiglianza anche le questioni più severe.