«Il mio album fuori moda»

La carriera prolifera di Ruggeri, che ormai ha superato i trent'anni, non ha mutato la voglia di comunicare dell'artista che con uno sguardo acuto e tranquillo, ancora una volta, è riuscito a fotografare la realtà che lo circonda e a riflettere sul suo percorso artistico. Lei è stato l'autore, verso la metà degli anni '80, di canzoni da "Il mare d'inevrno" a "Il portiere di notte". Quando scrive nuovi brani deve fare i conti con il passato? «A livello inconscio no. Perché quando scrivi cose nuove sei proiettato verso quello che stai scrivendo. Non posso rispondere anche dell'inconscio nel senso che è evidente che quando hai pubblicato tanti dischi il procedimento di cui parlavamo prima del guardare dietro le cose e ricercare altri dettagli diventa più faticoso». Ha definito "Gli occhi del musicista" un album fuori moda. Perché? «È un cd artigianale, fatto con veri musicisti, con la passione e una bella voce. Questo disco non venderà milioni di copie e comunque vada non mi cambia la vita». Si spieghi meglio «A volte c'è bisogno di poco per comporre una canzone. Ma vallo a spiegare ai discografici, che sono arrivati al punto di non fare uscire un disco se i direttori artistici delle radio giurano che non lo passeranno. Il Fabrizio De Andrè di oggi, nel 2010, lo avremo perso, perché avrà scelto di fare un altro mestiere». Quale è la poetica di Ruggeri in questo nuovo lavoro. «Il modo migliore per accostarsi alla mia musica è quello di cercare di esaminare minuziosamente una situazione che apparentemente giustificherebbe un solo commento, ma in che realtà ne svela tanti altri». In questi giorni ci sono state tante polemiche sul Festival di Sanremo. «Il Festival è a un bivio. Deve decidere se essere un grande show televisivo oppure se mettersi al servizio della musica e fare una partnership con l'industria discografica». Ci tornerebbe ? «Tornerei sul palco dell'Ariston se la manifestazione diventasse più rispettosa per le canzoni e per i cantanti. Non voglio essere rappresentato dalle associazioni ma da colleghi che stimo come Adriano Celentano, Morandi, che si prendono oneri e onori. Gli interessi di una multinazionale non collimano con quelli dei cantanti della musica e dei cantautori». E sul caso Tony Renis «Perché no? Ha fatto il cantante, l'autore e il produttore e certo non è stato dietro una scrivania».