Un pugno di eroi. Rimasti in mutande
Riguarda il nome di chi comandò i Granatieri di Sardegna impegnati in duri combattimenti dalle 22,10 dell'8 settembre alle 16,10 del 10 settembre. Poche ore, durante le quali perdemmo circa 1.500 granatieri, così suddivisi nella stima fatta a caldo dal loro comandante: «250-300 Caduti; 150-200 dispersi, e fra questi non pochi catturati, fucilati e buttati nel Tevere a Ponte della Magliana; e, tutti i rimanenti, feriti, parecchi gravi, ricoverati negli ospedali, ed altri sparsi nei casolari su un fronte di circa 30 Km.». Li guidò con bravura il generale Gioacchino Solinas, trasferito pochi giorni prima, il 3 agosto, dalla Corsica dove era a capo della divisione di fanteria Cremona. Assai più che in Corsica occorreva un uomo energico per difendere Roma, secondo l'ipotesi corrente dagli anglo-americani, ma secondo quanto si stava tramando nel Palazzo dai tedeschi infuriati per un improvviso tradimento. Compito a cui non tutti erano disposti. Il generale Calvi di Bergolo aveva avvertito che sulla divisione Centauro si poteva fare, in caso d'emergenza, un affidamento relativo: era «pronta a sparare contro i comunisti e gli anglo-americani, ma contro i tedeschi non aprirà mai il fuoco». Composta di Camicie Nere reinquadrate con nuovo nome, aveva ancora in forza istruttori tedeschi. Ricavo la notizia da un rapporto pubblicato da Solinas 25 anni dopo. Quando giunse a Roma, i granatieri avevano scarso e cattivo il rancio, «deplorevole e indecoroso il vestiario della truppa, ormai semiscalza, con divise mal ridotte e mal rattoppate con mezzi di fortuna: molti Granatieri erano obbligati a stare quasi sempre nudi, avendo addosso le cosiddette "mutandine da ginnastica" (o da bagno) ridotte spesso ad un semplice triangolo multicolore… idoneo solo a coprire le parti pudende». In pochi giorni riuscì a rivestirli e a portarli in combattimento. C'erano a Roma tra i 75.000 e i 100.000 uomini in armi, ma la difesa da 3.000 paracadutisti tedeschi gravò su uno schieramento di granatieri e pochi altri, tra cui dei civili. Gli altri comandi se l'erano squagliata. Ma del generale Solinas, solitario difensore della capitale sino a quando da un comando rimpiattato chissà dove gli dissero di smetterla, non si parla, perché un mese dopo incontrò finalmente un superiore che non s'era nascosto. Era il maresciallo Graziani. Parlava all'Adriano tra migliaia d'ufficiali abbandonati, sbandati, senza ordini, e anche l'intrepido, bravissimo Solinas andò con lui. Nella Repubblica Sociale Italiana. La retorica celebrativa dovrebbe tener conto della varietà di scelte pratiche e ideali che si prospettarono se non proprio di fronte alla morte della Patria, certamente nel disfacimento dello Stato.