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ORIANA Fallaci e il suo pamphlet «La rabbia e l'orgoglio» sono di nuovo sotto processo in Francia.

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Questa volta l'accusa è di «provocazione alla discriminazione razziale, nazionale o religiosa, e ingiuria razzista». Non hanno apprezzato soprattutto i passaggi «islamofobi» in cui la Fallaci descrive «i figli di Allah: delinquenti, stupratori, prostitute, malati di aids che si moltiplicano come topi e fanno pipì nei battisteri». La controversa requisitoria di Oriana Fallaci contro l'Islam aveva provocato una feroce polemica anche tra gli intellettuali come Bernard-Henri Levy, che lo considera «una provocazione inaccettabile», oppure Alain Finkielkraut che tuttavia riconosce all'autrice «l'insigne merito di non lasciarsi intimidire dalla menzogna virtuosa, anche se cede alle generalizzazioni», o infine Gilles Kepel per il quale «La rabbia e l'orgoglio» aiuta a meglio capire perché dopo l'11 settembre l'estrema destra è in ascesa un pò ovunque in Europa. Tutti però sono stati concordi nell'opporsi al ritiro e a qualsiasi forma di censura, in nome della libertà d'espressione. L'unica voce a favore, ma tristemente, è stata quella di Sos-Racaille, un sito razzista che invita a recarsi con i lanciafiamme «nei nidi di vermi per finirla con l'immigrazione maghrebina, focolaio della delinquenza che turba il sonno dei francesi». Oriana Fallaci, ovvero il "Ben Laden della letteratura" come molti l'hanno chiamata, non ci sarà, venerdì, nell'aula del tribunale correzionale di Parigi, afferma il suo avvocato Gilles Goldnadel, sottolineando l'assurdità di questo nuovo processo al quale non è stata data alcuna pubblicità. Tanto che la notizia ha colto di sorpresa anche la direzione di Plon, al rientro dalle vacanze. «Sono comunque ottimista - dice il legale della scrittrice - come lo sono sempre stato nelle precedenti azioni contro di lei. È un processo ridicolo. Ce la faremo anche questa volta». Ant. Tar

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