Quella maestrina condannata dai pregiudizi
Intenso e crudele affresco di un mondo rurale e di una tragedia realmente accaduta
In una Toscana rurale Cintolese è un pugno di case immerso in un catino verde, a poca distanza dalla via Francigena. Lì nasce Italia Donati, un'umile che tra mille ostacoli diviene maestra elementare. Echi di quel tempo dissolto pungono la ricerca dell'autrice la quale si pone sulle tracce della sua sfortunata eroina. L'ieri e l'oggi si intrecciano nello sguardo di un romanzo a due piani, dalla scrittura affabile e vibrante, tra battito fantastico e biografia. La vicenda si riflette in fondali visitati da una disperazione storica e metafisica, con presagi di tempeste e una natura elevata a simbologia della solitudine e della sofferenza. Ricostruito con nitide tessere affiora il ritratto di una giovane gentile e sensibile, decorosa e determinata ad affermare il proprio diritto a una scelta di vita, che affronta il suo primo incarico di insegnante nel vicino villaggio di Porciano, circondata subito dalla diffidenza della gente («S'è mai visto da che mondo e mondo una figliola di contadini istruita come una figliola di signori?»), ma sostenuta dalla volontà di esplorare l'ignoto. Come magnetizzati da un intreccio fatale, sfilano i volti: il sindaco Torrigiani, volitivo e sanguigno: l'elegante moglie Maddalena; Giulia, sedicente amica di famiglia; il priore, tozzo e grasso; e le voci del coro, aggressive, sfuggenti, o amiche, come quella del vecchio Leopoldo che avverte Italia dell'imprudenza di aver accettato l'ospitalità nella casa «screditata» del sindaco. Intanto, convinta del nobile fine dell'istruzione, la protagonista si impegna con entusiasmo. Ma l'esordio è saturo di avversità, l'edificio scolastico è fatiscente e la dimora dove abita si rivela «un groviglio di relazioni ambigue». Intorno cresce il deserto. I fatti precipitano, una lettera anonima accusa l'insegnante di procurato aborto con il concorso del presunto amante. il "branco di lupi" dei locali è pronto a sbranare, l'invidia «scava voragini di livore», le facce delle scolare sono «asserragliate in un plotone nemico». Stritolata da in ingranaggio cieco, «prosciugata» dalla vergogna, l'infelice scrive alcune lettere in cui proclama la propria innocenza e si getta nelle acque fangose di una gora. E viene il tempo della tardiva riabilitazione, del funerale solenne. Quando tutto è passato, il silenzio della notte avvolge il cimitero «come un sudario». Intenso e crudele, di una crudeltà che arde di luce, il romanzo è la ferma denuncia di costumi colpevoli e la testimonianza di come la parola civile possa toccare, bandita ogni retorica, la sponda della poesia. Elena Gianini Belotti «Prima della quiete Storia di Italia Donati» Rizzoli 247 pagine, 15 euro