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di GABRIELE SIMONGINI AVEVA proprio ragione Giorgio de Chirico a chiamarle «vite silenti» ...

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Perchè quelle composizioni di fiori, frutta, ortaggi e quant'altro, dipinte soprattutto fra Seicento e Settecento, nascondono un numero così grande di significati e di simboli e producono un tale piacere visivo da poter essere considerate quasi vive. Ora una pregevole mostra, presentata a Firenze, in Palazzo Strozzi (fino al 12 ottobre; catalogo Electa; a cura di Mina Gregori) ci racconta proprio «La natura morta italiana da Caravaggio al '700». La stessa rassegna, con parecchi cambiamenti, è stata già allestita a Monaco di Baviera, dove ha riscosso un notevole successo. Due, in particolare, sono i protagonisti della mostra: l'Arcimboldo e il Caravaggio. Giuseppe Arcimboldi, detto l'Arcimboldo, nella seconda metà del Cinquecento creò quelle nature morte che, con sorprendenti metamorfosi, nascondevano ritratti di personaggi della corte praghese, dove visse e lavorò per molti anni il raffinato artista, prediletto dagli imperatori Massimiliano e Rodolfo II. Il Caravaggio è generalmente considerato il primo artista italiano ad aver dipinto una natura morta come genere interamente autonomo, senza presenze umane (con il «Canestro di frutta» della Pinacoteca Ambrosiana di Milano, purtroppo non presentato in mostra). Di volta in volta concepita come celebrazione della potenza divina espressa nel mondo naturale o come "vanitas", come esaltazione sensuale della vita o come emblema di decadenza, la natura morta ha conosciuto innumerevoli trasformazioni stilistiche, dal Barocco al neoclassicismo. Fra gli oltre cento artisti rappresentati in mostra vanno ricordati anche i nomi di Bartolomeo Passarotti, Vincenzo Campi, Mario Nuzzi, Tomaso Salini, Jacopo Ligozzi, Giovanna Garzoni, Fede Galizia, Panfilo Nuvolone, Bartolomeo Cavarozzi, Evaristo Baschenis, Giuseppe Recco, senza dimenticare i quadri di pittori ancora non identificati che pur rivelano una grande qualità esecutiva.

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