Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di CARLO ROSATI VENEZIA — La Mostra ha iniziato bene.

default_image

  • a
  • a
  • a

Ieri, tra gli altri, ne abbiamo incontrati tre: «Pornografia» del polacco Kolski nel concorso di «Venezia '60», «Twist» di Tierny nella «Settimana della critica» e «Le cinque variazioni» dei registi danesi Lars von Trier e Jorgen Leth in «Controcorrente». «Le cinque variazioni» sembrerebbero più un documentario che un film, una conversazione tra due cineasti prima di girare un film: Lars von Trier, il profeta di "Dogma", il regista che ha trionfato a Cannes ed ha paura dell'aereo e dei viaggi; e il più anziano Leth, 66 anni, che ha sempre amato spostarsi, viaggiare conoscere e fotografare il mondo, professore in patria e in America, vive ad Haiti dal '91. Le "variazioni" del titolo sono in realtà cinque "ostacoli", una sfida che il mefistofelico Lars pone a Leth su un vecchio film, «L'uomo perfetto», cinque modi di rifarlo. Cinque piccoli film girati, interpretati e discussi faustianamente da Leth con von Trier in tre anni, girati tra Cuba e Bombay, Bolliwood e Bruxelles, Austin ed Haiti: una filosofia che si sviluppa con leggerezza, passando attraverso la felicità, l'amore, la morte, con Jorgen Leth che si rivela valido e riflessivo anche come attore, soprattutto nella seconda sfida, «L'uomo perfetto in un posto misero», pranzando con pesce e chabris, elegantissimo, con sullo sfondo un universo di affamati che lo guardano in un grande quadro "neo-impressionista". Tra il Faust di Leth e il Mefistofele di Lard chi vince? La poesia, l'ironia e la profondità di questo film d'arte cinematografica. Umano, poetico, drammatico e gioioso è anche "Pornografia" del polacco Kolski, per quanto si possa essere stati gioiosi nel '43, nella Polonia ancora occupata dalle truppe naziste. Un film d'epoca con atmosfere rarefatte, con pulsioni giovanili governate dai maturi Witold e Federico in una stupenda tenuta di campagna, dove soltanto la guerra ci ricorda che non siamo in una melanconia cechoviana, ma in un dramma infinito: quello del vivere e del morire. Un bel film, giustamente lento, ma forse troppo lungo. Con un livido universo mattutino che si riflette su una grande vetrata di un basso della periferia di Toronto si apre e si chiude «Twist» di Turney. Soltanto che cambiano i protagonisti. All'inizio c'è Dodge, che lascia il suo occasionale amico, alla fine c'è Oliver, il ragazzo che Dodge ha portato nel suo ambiente di spacciatori di droga e marchettari. Un film duro, realista, in ambienti degradati, forse una valida "sfida a Dickens", come ha dichiarato l'autore.

Dai blog