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Con «Anything Else» ride chi è intelligente

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Woody Allen sullo schermo e in carne ed ossa, il Palazzo del Cinema in festa, il rito dell'inaugurazione e, come annunciato, le risate, molte, moltissime risate. Furbe, però, maliziose, di quelle che le persone intelligenti concedono solo ad altre persone intelligenti. E Woody Allen, non c'è dubbio, è tra queste. Da sempre. Oggi, però, sessantenne come questa Mostra, lo è perfino di più. Con maggiori capacità critiche e con una tendenza alla beffa che lo spinge a far satira su tutto, anche su sé stesso. Perché, visto finalmente il film e accantonati tutti quegli schemi con cui si era creduto di raccontarlo, ci si trova di fronte non a uno ma a due Woody Allen. Il primo è sempre lui, nevrotico, maniaco, ateo ma ebreo pronto a prendersela con chi osa definire Auschwitz un «campo gioco», l'altro è uno che assomiglia a quasi tutti i personaggi che lui ha interpretato fino ad oggi ma che ha la faccia comune e il nasone di Jason Biggs, il protagonista di «America Pie». Però è quasi lui, coinvolto in una storia d'amore tra le più esilaranti, anche abile, comunque, saldamente congegnata, e con il vezzo non nuovo ma qui sapidamente rinverdito di far raccontare a Biggs le proprie pene d'amore spesso rivolgendosi con l'imbarazzata ironia verso la platea. Biggs, perciò, come è stato tante volte Allen: impacciato, timido, incapace di fronteggiare una ragazza (Christina Ricci) con cui convive ma che, capricciosa e quasi isterica, lo tradisce a tal punto da costringerlo a correre periodicamente a confidarsi con uno psicanalista (cogliendo così l'occasione per mettere alla berlina anche la psicanalisi). A fianco dell'Allen n.2 compare ogni tanto quello vero: scrive, come l'altro, delle battute per attori comici, lo consiglia (male) per quello che riguarda le sue vicende amorose, mentre gli dà ottimi suggerimenti per liberarlo da un agente (Danny DeVito con occhiali) che non sa assolutamente il suo mestiere. Alla fine tutti se ne andranno per la propria strada, forse sconfitti, comunque, almeno l'Allen n.2 rimasto solo, in grado, nonostante i suoi tremori e i suoi affanni, di trovarsi, presto o tardi, delle soluzioni positive. In amore no, nella professione chissà: oltre a inventare battute potrebbe scrivere romanzi... Il tutto nella ben nota New York di Allen il cui Central Park diventa lo sfondo obbligato per gli incontri «didattici» fra i due protagonisti, sostenuti ogni volta, da un vero e proprio florilegio di dialoghi ghiottissimi. Recitati con maestria non solo da Allen (come sempre, del resto), ma dallo stesso Biggs che, con un simile maestro, è riuscito ad imitarlo perfino come attore.

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