Poeti latini sul lettino di Freud
Un'accensione del fantastico che potrebbe appartenere allo spazio ludico dello scherzo paludato di grande letteratura, e sotto la scrittura di Canali si traduce in un vero e proprio affascinante viaggio all'interno della psiche di Virgilio e di Catullo, di Lucrezio e di Orazio, giù fino a Properzio. Ad ogni stagione storica, evidentemente, corrisponde il Freud del tempo, ma c'è da dire che la parte del leone la recita il dottor Antonio Musa, paziente e meticoloso Freud dell'antica Roma che via via invita a sdraiarsi sul «lectulus lucubratorius» gli illustri pazienti che ricorrono a lui e alle sue cure. Si apprendono così tic nervosi e fissazioni di artisti che hanno vissuto la più persistente esperienza dell'intera letteratura latina, il periodo cioè di una nevrosi che appartiene al regno dell'invenzione poetica, ma dietro alla quale un ruolo di fondo viene giocato dalla vita e dai comportamenti della società del tempo. E anche della storia di quei secoli, quasi a voler intrecciare e stabilire un confronto — più che possibile e credibile — con età storiche successive, la nostra per esempio, se è vero che la litigiosità in ogni campo produce nevrosi anche quando dalla vita ci si trasferisce nell'immaginario individuale e collettivo. Al dottor Musa seguiranno altri Freud, Tessalo per esempio, che si sorbisce le ansie e le fisime di Lucano, al quale un solo psicologo non basta, ha bisogno anche di Statilio Sauro che con lui non va troppo per il sottile, tende un po' a spazientirsi con il paziente. La vena satirica di Giovenale diventa così oggetto delle cure, e dei difficili medicamenti, di un altro esperto, Severo, che mostra invece a sua volta una forte capacità di equilibrio e di confronto con il più giocoso dei poeti dell'antica Roma. Naturalmente, al centro dell'attenzione di Canali c'è Virgilio: non casualmente il titolo di questa avventura romanzesca — «Ognuno soffre la sua ombra» - è tratto proprio dal sesto libro dell'«Eneide» del poeta latino, con scorribande di forte suggestione lungo l'arco di stagioni storiche che vanno dal primo secolo avanti Cristo al secondo dopo Cristo. La poesia di questo tempo, fra i più difficili della storia romana, si incupisce, si nevrotizza, stravolge ogni progetto di rasserenamento, sotto i colpi di una crescente inquietudine che prepara la crisi della stagione massacrante di Marziale e Giovenale. È inquieto Virgilio che si gira e si rigira sul «lectullus», ma ancor più di lui è agitato Catullo, per via dei capricci d'amore di una Lesbia giustiziera e vendicativa, che non dà tregua,e da vittima perseguitata dalla gelosia del poeta, diventa a sua volta persecutrice, secondo le regole più elementari del confronto psicoanalitico di coppia. Non è affatto vero — sostiene Virgilio indignato — che dopo certe esperienze adolescenziali sia poi diventato pedofilo: stia bene attento il dottore a dir queste cose, a spargere certe voci. Il che non esclude affatto — racconta Virgilio al suo aguzzino — che i genitori, con i loro sadici comportamenti, abbiano inciso non poco sulla crescita e qualche eversione del giovane Virgilio. Assai più inquietante Lucrezio, così difficile da «trattare, così gigantesco nel filtrare a sua volta all'interno della psiche umana alla ricerca di un'angoscia senza fine, che negli immortali versi del «De rerum natura» si materializzano in una visione dell'essere e dell'esistere che pochi altri poeti di ogni tempo — sicuramente il nostro Leopardi — hanno saputo tradurre in alta e limpida arte poetica. Naturalmente i vari «dottori», che si alternano a così illustri capezzali, conoscono a menadito i versi dei loro pazienti, ed ecco che il fascinoso testo di Canali diventa anche una deliziosa antologia della grande poesia latina di q