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La statua considerata da secoli l'ideale del Bello Il Doriforo di Policleto? Un ex mister universo

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C.,lo scultore greco Policleto scrisse un trattato, il «Kanón» («Cánone»), nel quale esponeva le leggi per il proporzionamento ideale del corpo umano. Stando ad una notizia di Galeno, Policleto realizzò come modello concreto della sua teoria, il Doriforo, definendolo «Cánone». Secondo Plinio il Vecchio (23/24-79 d.C.) furono gli artisti dell'età imperiale romana che, considerando la statua un'opera eccezionale, la definirono "canonica". Il Dorýphoros, "portatore di lancia", doveva rappresentare probabilmente Achille, l'eroe omerico per eccellenza, e la copia del Museo di Napoli, è la più completa pervenutaci del celebre originale policleteo In un recente studio apparso lo scorso mese di giugno, «Il Doriforo di Policleto» (Jovene, Napoli, 2003), l'archeologo Vincenzo Franciosi sembra aver infranto questo mito della statuaria classica. Il Doriforo di Napoli sarebbe in realtà un millantatore! La notizia, come prevedibile, ha destato un grande clamore e non solo nel mondo accademico. Per comprendere più a fondo le novità di questa sensazionale rilettura dell'opera di Policleto, abbiamo posto alcune domande ad uno dei più noti ed autorevoli studiosi italiani di arte antica, il prof. Paolo Moreno dell'Università di Roma Tre. Professore qual è il suo parere sul saggio del Franciosi? «Il libro è importante. Si tratta del classico sasso gettato nel pantano. Va detto prima di tutto che egli non esclude la possibilità che quest'opera, che noi abbiamo chiamato fino ad oggi Doriforo, sia di Policleto. Lo studioso tende piuttosto ad identificarla con un'altra opera del maestro descritta da Plinio. L'importanza dello studio sta nella rilettura della copia del Doriforo proveniente da Pompei, oggi a Napoli. Lo studioso ha riconosciuto due cose fondamentali: tracce d'ossidazione nell'avambraccio sinistro, causate da una fascia di bronzo, che sicuramente tratteneva uno scudo; l'irregolarità delle dita della mano sinistra, la lisciatura della muscolatura dell'avambraccio sinistro per adattare meglio l'arto all'oggetto che era stato montato. Quindi già questa è una grande scoperta: il Doriforo di Napoli aveva lo scudo. Altro dato osservato è che la mano destra non è rilassata, come si pensava, ma in realtà impugna qualcosa, c'è un incasso rettangolare evidente. Franciosi pensa che nella mano debba essere situata l'elsa di una spada, cosa tuttavia improbabile poiché si creerebbe un vero ingorgo nell'economia della figura». Cosa propone? «Va rilevata una cosa: il Franciosi una volta ricostruita la statua con lo scudo, esclude che essa possa recare anche la lancia, da cui il nome Doriforo. Una delle opere che pure lo studioso illustra è una stele funeraria da Salamina, oggi al museo del Pireo, dove ci sono due guerrieri: Chairedemos e Lyceas celebrati come Achille e Patroclo. Ora uno dei due guerrieri, Chairedemos-Achille, imbraccia lo scudo e nella stessa mano, la sinistra, tiene stretta una lancia. Si aggiunga che il nostro guerriero porta allacciata al fianco una spada, rinfoderata, con il balteo. Abbiamo quindi una vera panoplia indossata da una figura che ha lo stesso andamento del Doriforo». Già nel suo studio «I Bronzi di Riace» (Electa, 2003), lei proponeva un interessante raffronto tra il Doriforo e il bronzo A di Riace. «Il Franciosi non menziona questo mio raffronto illustrato più volte dal 1998. Bisogna sapere che Agelada il Giovane il più importante artista operante ad Argo nella metà del V secolo a.C., cui sono attribuiti i bronzi di Riace, è stato maestro di Policleto. Questo ci ha permesso di capire come si è formato l'artista, scoprendo che il chiasmo, l'incrocio delle forze, da tutti considerato policleteo, è un'invenzione di Agelada. Il discepolo ha dato un suo movimento alla gamba libera della statua del maestro argivo che nessuno aveva mai concepito ricavandone il suo Doriforo». Cosa ne pensa dell'identificazione fatta dal Franciosi secondo cui il vero Doriforo sarebbe il così detto Efebo Westmacott del British? «La ricost

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