L'origine dei «Canti Orfici»
Quella che fino ad oggi si pensava fosse una delle copie, senza copertina, è in realtà la «prova di stampa», annotata a mano dallo stesso poeta. L'aveva Mario Petrucciani, ordinario di letteratura italiana a «La Sapienza», al quale era stata consegnata dall'amico Paolo Toschi, docente di tradizioni popolari, che a sua volta l'aveva ricevuta direttamente da Campana nell'estate del 1914. Stasera, alle ore 21, a Marradi (Firenze) in occasione del 118esimo anniversario della nascita del poeta toscano sarà annunciato ufficialmente il ritrovamento, avvenuto grazie all'opera dello studioso spagnolo Pedro Luis Ladron de Guevara Mellado. Il centro studi campaniani «Enrico Consolini» di Marradi ha organizzato la serata, dove verrà presentata anche il «Catalogo degli scrittori», curato da Franco Scalini. Dino Campana nacque a Marradi il 20 agosto del 1885. Ebbe fin da ragazzo una personalità ombrosa ed irascibile che lo portò già a ventun anni, dietro iniziativa della famiglia, ad essere ricoverato in un manicomio, dal quale fuggì. Iniziò allora un lungo vagabondaggio: Svizzera, Francia, poi Argentina, dove lavorò come bracciante; e ancora Odessa, Anversa, Bruxelles e Parigi. Nel 1909 fu di nuovo internato ma riuscì ancora a fuggire, trovando conforto nella Genova dei primi del Novecento. Nell'estate del 1913 decise di far pervenire a Soffici e Papini, che dirigevano «Lacerba», un giornale futurista, il manoscritto di un suo poema intitolato «Il giorno più lungo». Soffici non lo lesse mai ed anzi lo perse. Campana, che non ne aveva altre copie, attraversò mesi di buia disperazione fino a che, nella primavera del 1914, iniziò a riscrivere quelli che sarebbero diventati i «Canti Orfici». Li pubblicò a sue spese presso una piccola tipografia di Marradi, appartenente a Bruno Ravagli, per un totale di mille copie, senza ricevere quasi nessun riscontro critico. Riprese a viaggiare, intrecciando una tempestosa relazione con la poetessa Sibilla Aleramo, di quasi dieci anni più vecchia di lui. Ma la fine della loro storia coincise con il definitivo ricovero di Dino Campana nel manicomio di Castel Pulci, nel gennaio 1918. Non ne uscì più. Morì in circostanze misteriose a 47 anni. R. T.