di ENRICO CAVALLOTTI NON TUTTE le ciambelle riescono col buco, come ammoniva un antico anacoreta indiano.
Già allestita nell'anno 1999, l'operina è stata ora riallestita nell'edizione critica curata dall'autorevolissima Fondazione Rossini, coll'inserimento d'un coro e d'un breve recitativo. Non ostanti Coro e recitativo inediti, «Adina» (1818) s'è confermata una piccirillería: buttata giú con la mano sinistra da un Gioachino ventiseienne che senza traccheggiare, e togliendo a prestito innumere pagine da proprie opere precedenti - sovr'a tutte dal «Sigismondo» - cavò in quattr'e quattr'otto dal suo mirabile cilindro l'evento in questione: in origine definito «Farsa in un atto», meglio sarebbe dirlo una sòrta di lesta commediola in musica. Del resto, pressoché tutti i recitativi contemplàtivi non sono del Pesarese ma d'ignoti collaboratori. Scimunito il plot: un califfo di Bagdad ama la schiava (Adina), amata da Selimo, antico amante tenuto per morto. I sentimenti s'ingarbugliano, lei beccheggia, il califfo s'arrapina, Selimo persevera: fino a che non si rivela esser Adina pargola del califfo, il quale in tal modo evita un inamabile disguido incestuoso. Non v'ha dubbio che Rossini abbia nell'«Adina» impiegato meno la sublime inventiva che il mero mestiere. S'avverte una scrittura feriale: talora un dormicchiar d'estro, talaltra un tirar via; ed in specie nei passi lirici paiono le ali del Pesarese raccorcciarsi. Meglio i momenti di schietta allure comica. Che meglio ancora sarebbero risaltati in quel di Pesaro se la regía di Moni Ovadia con le scene di Giovanni Carluccio non avesse oppresso l'operina d'una cifra intimamente bigia e svogliata: come se essa gli fosse estranea, rimota nel cuore. Ma meglio l'intera partitura avrebbe divertito i cuori nostri se il direttore Renato Palumbo avesse rallegrato le note, i canti e i professori d'orchestra del «Comunale di Bologna. Che invece erano spenti, né si sono appicciate per bene le ugole dei seguenti cantanti: signora Di Donato, la protagonista del titolo, Giménez, Pirgu, Lepore e Vinco. Piú convinti di loro gli applausi al calare del velario.