Il killer s'aggira nei meandri tv

Ora i tempi sono cambiati, il muro non è più un ostacolo, la mafia è uscita allo scoperto (non che prima non ci fosse...); e perciò il noir che viene dall'est deve andare a cercarsi altre strade da percorrere, nuovi personaggi da inventare, in un contesto finora mai sperimentato, e che invece sta fruttando grossi successi ai nuovi giallisti russi, a cominciare dalla figura più interessante di questa nuova miriade di astri, Alexandra Marinina, un pezzo da quindici milioni di copie in patria, ormai tradotta ovunque, e da qualche tempo in voga anche in Italia, dove questa sua ultima fatica, Sono morto ieri, domina al mare e ai monti, in colllina e sotto l'ombrellone. Non che gli ingredienti della Marinina si distacchino di molto dalle ricette tradizionali del thriller, ma qui l'intrigo televisivo assume toni diversi dal consueto, quasi fossero passati attraverso un bel processo di aggiornamento che ne modifica toni e strutture, e stabilisce moduli di conduzione narrativa diversi, forse meno semplici dalle elementari proposte del poliziesco sovietico, più proiettate insomma verso la dissacrazione, e il superamento, proprio di quelle componenti tradizionali. Ma osserviamolo più da vicino, al telescopio, questo personaggio tranquillo e pacioso, Alexander Ulanov conduttore televisivo con una bella carriera davanti, una casa accogliente, mille impegni da fronteggiare, come si addice agli uomini celebri, e ai mezzi busti del video. Finisce la sua tranquillità quando viene a sapere che la moglie sta tramando per ucciderlo, ha già assoldato un killer senza molti scrupoli: per lui è una tragedia il solo pensiero, quel mondo ricompositivo e sereno in cui opera e lavora va in frantumi, il gioco ossessivo della fuga riempie le sue giornate, che scorrono per lui senza tregua. Persino in video appare nervoso, non riesce a controllarsi, è addirittura sgarbato con gli ospiti. Potrebbe tranquillizzarlo l'uccisione del direttore del programma, che salta in aria con la sua macchina, forse per un bersaglio sbagliato del killer. A questo punto subentra l'eroina della Marinina, Anastasja Kamenskaja, detective cui la nostra autrice deve molto del suo successo di lettori: è abile e attenta nel suo lavoro, e si serve di una tecnica investigativa molto particolare, quella di filtrare all'interno del telecongegno, al vivo del programma che Ulanov conduce. L'aiuta nella caccia al colpevole l'amica Tatjana, e le due seguge scoprono l'esistenza di una organizzazione clandestina che mira al cuore dell'azienda per cercare di distruggerla, colpendo direttamente il responsabile della fortuna telecomandata. Il delitto, si sa bene, è anche una concatenazione di eventi che il giallista gestisce magistralmente, come accade con Maigret, con Poirot, perché no con Derrick, con Ellery Queen. Qui, tutt'altra storia, il vento del socialismo reale ha lasciato delle tracce difficili da cancellare, ora filtrate entro ambienti e congegni sui quali oggi soffia il vento della mafia, del crimine organizzato e microscopico, ma non per questo meno assassino. Fra i pregi da riscontrare nei testi della Marinina, si fa notare proprio questa esatta descrizione di un universo di dolore e di pena, che sembra aver ereditato dal passato quanto di peggio la dittatura cacciava nella clandestinità. Tutto questo descritto con una prosa fulminea e aggressiva, tutta fondata sull'immediatezza della descrizione, resa molto efficacemente dalla traduzione italiana di Rosa Mauro. Eccone un esempio, captato proprio all'inizio del romanzo: «Non so come potrò continuare a vivere. Ammesso che io viva. Fino a ieri tutto era chiaro, forse non proprio piacevole ma almeno allora la mia vita aveva un senso. Conducevo un programma televisivo, potevo contare su uno staff affiatato e guadagnavo un sacco di soldi». E giù il racconto che si snoda mirando