Kevin l'antidivo rilancia il western
Dieci anni dopo il suo sorprendente «Balla con i lupi», Kevin Costner produce, dirige ed interpreta un altro kolossal western che, a detta di tutti, ha molte possibilità di eguagliare il successo precedente. «Open Range» con Annette Being e Robert Duvall, è un classico del genere che strizza l'occhio alle epopee storiche del cinema americano, rivisitando il genere lanciato da John Ford. Senza pubblicità, affidandosi «alla buona educazione cinematografica di un pubblico stanco di effetti speciali» il film esce a sorpresa in Usa nella settimana di Ferragosto. Punta a una valanga di Oscar anche questa volta? «No no, è tutta un'altra storia. Non credo che il film sarà un grosso successo commerciale, ma penso che abbia ottime possibilità di poter diventare un cult movie del genere western. È completamente diverso da "Balla con i lupi" che aveva un taglio etnico, e penso che sia stato questo il motivo del successo. "Open Range", invece, è un vero classico. Sembrerà arrogante, ma è ciò che penso: questo è un film che andava interpretato da John Wayne. Essendo lui morto, l'ho fatto io, perché non c'è nessuno in grado di sostituirlo». È stato difficile produrlo? «Difficile? È stato semplicemente impossibile. Tant'è vero che me lo sono prodotto da solo, mettendoci soldi miei e riuscendo a coinvolgere altri due grossi attori che hanno accettato di condividere i rischi con me. Siamo tutti a percentuale, se il film va male abbiamo lavorato gratis. Ma non mi lamento. Ho impiegato cinque anni a metterlo in piedi e sono contento del risultato». Lei sembra polemico con Hollywood, eppure lei è una delle più quotate star di quel sistema che lei contesta. «Non si tratta di sputare nel piatto in cui si mangia. Sono una star di Hollywood, è vero, così come è vero che essere una star non vuol dire affatto accettare in modo pedissequo tutto ciò che passa il convento. È da tempo che non mi offrono più parti decorose, è come se si stesse perdendo la voglia e l'arte del saper raccontare delle storie vere. Il western appartiene alla tradizione autentica di questo paese, sarebbe un grave errore perderlo». Qual è il motivo, secondo lei, dell'attuale crisi di Hollywood? «La crisi non c'è perché economicamente Hollywood va a gonfie vele. È come un paese sotto una dittatura in cui sono tutti ricchi, nessuno penserebbe mai, ahimé, a liberarsi del tiranno. Il cinema americano va malissimo dal punto di vista della qualità perché ormai è tutto controllato da managers, stuoli di operatori marketing. Se ci fosse una crisi economica, avrebbero bisogno di storie, scrittori, e registi veri. Invece, vanno avanti così con megafilm tecnologici, film in serie e finché fanno soldi sono contenti». Dica la verità, lei, se fosse pagato a suon di miliardi farebbe un film pieno di effetti speciali? «Mai. A me non m'incastreranno mai. Ho soldi a sufficienza per ritirarmi domani e andare in pensione. Io sono un attore, non sono un clown, o ancora peggio, un pupazzo comandabile attraverso dei pulsanti».