Il trasformismo, abitudine italiana
È il caso invece del saggio di Giovanni Sabbatucci («Il trasformismo come sistema», Laterza, 130 pagine, 14 euro), che muove dagli anni della nascita dello Stato unitario per concludersi con le elezioni del 2001, che per prime hanno dato vita a un cambio della maggioranza sancito dal voto popolare. La riflessione verte sul trasformismo come sistema di governo nello specifico del nostro Paese, in un succedersi di situazioni politiche in cui le maggioranze si modificano, spostandosi e/o allargandosi, muovendo da un'area centrale che garantisce la continuità e la governabilità complessiva, in mancanza di schieramenti alternativi, egualmente abilitati a governare e compatibili quindi con la sopravvivenza del sistema stesso. Semplificando al massimo, l'interrogativo intorno a cui ruota il libro si può sintetizzare in questi termini: il trasformismo è stato un bene o un male nella storia d'Italia? Oppure, come recita il recente dossier (che vede illustri nomi confrontarsi: da Cafagna a Colarizi, da Amato a Tranfaglia a Follini) di «Reset» sullo stesso tema: il trasformismo è stato la causa o un rimedio dei mali italiani? Il paradosso del termine sta già nella sua storia, che comincia con l'elogio che ne fa Carlo Alfieri a Francesco De Sanctis come metodo parlamentare per adeguarsi alle nuove esigenze, e che continua con Depretis, il vero divulgatore del termine, quando da leader della sinistra moderata parlava della trasformazione come strumento di stabilità e progresso. La conversione del termine in simbolo di un vizio italico, quasi anticipatore del moderno «voltagabbana», si può far datare dalla nascita dell'antigiolittismo dei primi del 900, diffuso a destra e a sinistra, e desideroso di alternative radicali piuttosto che di alternanze normali. I rischi di quelle alternative si videro nel 1922 e si paventarono tra il 1946 e il 1948, a dimostrazione che il trasformismo prima e il consociativismo poi potevano rappresentare mali minori per garantire la governabilità. Questa è la storia del fenomeno delineata da Sabbatucci. La sua fine coincide con la scomparsa dell'Urss e il crollo del sistema dei partiti tradizionali. Da qui nasce il faticoso percorso verso il nostro bipolarismo e il sistema dell'alternanza: una conquista preziosa che l'autore invita a conservare gelosamente.