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Così Salgari portò l'opera in «Siberia»

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Il suo antagonista è il dolce e sfortunato buon Vassilli, interpretato dal coreano Jeon-Won Lee, con ottima dizione in italiano, aspetto tenerone ma voce da tenorone spinto (particolarmente efficace nel declamato e nei "do"). Francesca Scaini pare una brava madre di famiglia piuttosto che la divoratrice di uomini Stephana prevista dal libretto in un ruolo che richiede un registro molto ampio e di cui affronta i gravi meglio degli acuti. Per i palati fini, il merito dell'esecuzione musicale va soprattutto a Manlio Benzi che ha concertato, con piglio gavazzeniano, la complessa partitura e rivolto grande attenzione agli equilibri tra voce ed orchestra. «Siberia», rappresentata alla Scala nel dicembre del 1903, ebbe un grande successo, con numerose edizioni in tutta Italia (nonché a New York, Lisbona, Buenos Aires, Santiago, Vienna, Parigi). Sparì, a poco a poco, dai tempi della prima guerra mondiale. Due le principali cause del declino: con il cambiamento di gusto, il verismo era al tramonto, i tre ruoli principali sono davvero impervi. Ispirato - pare - ad un romanzo di Salgari («Gli orrori della Siberia»), il serrato dramma in musica (un'ora e mezzo in tre atti) si basa sul binomio peccato-redenzione con toni da feuilleton popolare, di moda nel primo scorcio nel Novecento ma all'epoca già messo in crisi da «Salomé» e da «Elektra», nonché, per restare da casa nostra, dalla stessa «Rondine» pucciniana. La scrittura musicale rappresenta, comunque, un interessante sviluppo rispetto a «Fedora» , principalmente nell'impiego del declamato e degli abbandoni sinfonici. Guido De Monticelli ha optato per una regia tradizionale, efficaci i costumi di Barbara Petrecca. Degli elementi scenici di Fausto Dappié (le vetrate da boudoir del primo atto e le croci del secondo e terzo) si sarebbe potuto fare a meno: accentuano il peccato e la redenzione ma il muro nudo e crudo del cortile di Palazzo Ducale sarebbe stato più eloquente.

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