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di ANTONIO SPINOSA NEL 1943, a un anno dalla sua tragica e precoce morte avvenuta in volo, ...

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È un capolavoro noto a tutti, perfino a chi non legge. Fiabesca è la leggerezza delle pagine che tali rimangono a sessant'anni dalla loro apparizione. L'autore è invece scomparso nel nulla il 31 luglio del 1944 mentre sorvolava la Baia degli Angeli al largo di Saint-Raphaël sulla Costa Azzurra. Si trovava a bordo del suo Lightning da ricognizione. Fu un incidente? Fu abbattuto dai tedeschi? Certamente straordinaria è l'analogia col suo piccolo principe che scompare tra le onde delle dune. Dolce è il libro di un aviatore dall'animo sensibile che un giorno si deliziava a guardare nelle strade di Napoli gli scugnizzi intenti a lanciare aeroplanini di carta che avevano allegramente costruito con le loro stesse mani. Il volo e la scrittura erano le grandi passioni di Saint-Exupéry, già da ragazzetto nelle severe aule del convento dei padri gesuiti a Notre-Dame-de-Sainte-Croix. Nella dedica a Leone Werth, un amico che ha molta fame e un grande bisogno di essere consolato, scrive: «Tutti sono stati bambini una volta. Ma non molti di essi se ne ricordano». Con queste poche parole, lapidarie, che scuotono l'animo del lettore, Saint-Exupéry condanna il mondo degli adulti dominato com'è dall'ipocrisia e dalle illusioni. Ognuno di noi, egli ci insegna, conserva in un angolino del proprio inconscio i frammenti più belli della vita, gli anni della fanciullezza, gli anni in cui si osserva il mondo con il cuore e non con la mente. Saint-Exupéry o il Pizzicaluna, questo era il soprannome che gli avevano affibbiato i compagni a causa del naso all'insù, riuscì, tra le nuvole in quegli spazi celesti dove si è soli con se stessi e dove il mondo appare in tutta la sua piccolezza, a recuperare, con una sorta di anamnesi interiore, la parte migliore di sé. Era nato a Lione nel 1900 da una famiglia di aristocratici. Ventiseienne aveva ottenuto il brevetto di pilota civile. Aveva cominciato a lavorare presso la Compagnia generale di Imprese Aeronautiche Latécoère che prima dell'Aéropostale, la futura Air France, assicurava il collegamento fra Tolosa e Dakar. Pochi anni dopo ebbe il primo incidente aereo da cui tuttavia usciva vivo. Cadde nel deserto del Sahara, e, soltanto dopo molti giorni di solitudine tra le sabbiose e aride dune, fu tratto in salvo da alcuni indigeni: così per caso. Fu proprio questa esperienza a ispirargli, nel 1943 a New York, quello che sarà il suo capolavoro letterario. Il libro, autobiografico, avrà un'incredibile diffusione di cinquanta milioni di copie nel mondo, e proprio in questi giorni esso è arrivato alla centotrentaseiesima traduzione, l'ultima addirittura in lingua cambogiana. L'Incipit del libro non può non apparire stravagante. Ma questo è il segreto. «Sei anni fa ebbi un incidente col mio aeroplano nel deserto del Sahara. Qualche cosa si era rotta nel motore e siccome non avevo con me né un meccanico né dei passeggeri, mi accinsi da solo a cercar di riparare il guasto. Era una questione di vita o di morte... Potete immaginare il mio stupore di essere svegliato all'alba da una strana vocetta: "Mi disegni, per favore, una pecora?", e fu così che feci la conoscenza del Piccolo Principe». Soltanto in apparenza questo breve racconto appare destinato a un pubblico di ragazzi. Ma «tutti i grandi sono stati bambini una volta», come scrive lo stesso Saint-Exupéry nella dedica. Lo scrittore-aviatore condanna il mondo degli adulti dominato com'è dall'ipocrisia; un mondo in cui si smarrisce la purezza e l'innocenza di quando si era bambini. Ognuno di noi conserva in un angolino del proprio animo i frammenti più belli della propria vita, gli anni della spensieratezza, quelli in cui si vive con il cuore e non con la mente. E poi è tra le nuvole del cielo, nei larghi spazi dove si è soli con il proprio spirito, che si riesce a recuperare la parte migliore di noi e a vivere con rara freschezza i sentimenti dell'uomo il quale in tal maniera riscopre la propria fanciullezza. Nei racconti che il

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