Herber Pagani, sete d'amore
Si parlò di leucemia fulminante, che lo aveva colto appena tre mesi prima, forse di carattere ereditario. Venne sepolto con il rito ebraico in Israele, secondo le sue volontà, in un cimitero alle porte di Tel Aviv, ma molte delle circostanze rimasero oscure. Herbert Pagani è stato un artistica in senso romantico: girovago perché malato di libertà, dissacratore, poliedrico, un po' profeta e apocalittico. In «Pitture e megalopolis», un suo spettacolo multimediale degli anni Settanta (che ebbe un grande successo soprattutto in Francia dove fu recensito persino da Le Monde) Pagani teorizzava il collasso del mondo supertecnologizzato, fissandolo per il 1999. Insomma un Orwell della musica con barba e riccioli folti come si conviene ad un predicatore. Ora a quindici anni dalla sua morte, Parigi riscopre Pagani: lo spunto è un romanzo autobiografico del cantautore italo-francese, appena pubblicato. «Prehistoire d'amour», così si intitola il libro postumo al quale Pagani aveva lavorato per molti anni in segreto, in silenzio, incastonando eventi, tensioni ed emozioni della sua vita. Diario intimo, pamphlet politico, inno all'amore, riflessioni sul mondo dello spettacolo: le 440 pagine del volume, edito da Ramsay, consentono di rimettere a fuoco con rara intensità uno dei cantanti-culto degli anni Settanta, idealista, lucido, sincero come pochi, lacerato tra varie culture e varie passioni. Ben accolto dai critici letterari, il romanzo si apre con una polemica post-fazione tutta incentrata sul colonnello Gheddafi, trattato come "l'uomo forte della Libia", ma anche come "fou", pazzo. Pagani era nato proprio in Libia, a Tripoli, nel 1944, da genitori italiani di origine ebraica («La prima lingua che ho parlato è stata l'italiano, con parolacce in arabo e ninne-nanne in ebraico», raccontava ). I genitori si separarono un anno e mezzo dopo la sua nascita e quel divorzio - emerge in modo lampante da «Prehistoire d'amour» - segnò profondamente l'infanzia di Herbert e spiega in qualche modo la sua costante, immensa, continua ricerca d'affetto. Fu al culmine del successo, nel 1977, che Herbert Pagani decise di smettere di cantare, per «ritrovarsi dopo tanti anni di clamore, per individuare un linguaggio che fosse la sintesi di tutti quelli trovati fino ad allora». Fu allora che si aprì la sua carriera di pittore e scultore, a base di oggetti poveri e riciclati. Le opere da "oggetti della terza età", come lui chiamava i materiali di recupero che raccoglieva sulle spiagge e nelle discariche comunali di tutta Europa per ridar loro "bellezza e dignità", sono oggi esposte nelle gallerie d'arte di tutto il mondo. «La mia gioia - diceva Pagani - è di venderti caro quello che hai buttato, farti pentire di non aver saputo vedere, fruire fino in fondo. I prezzi delle mie opere equivalgono a multe per distrazione: è il trasformare il pattume in oro, raggiungimento di un sogno alchemico». Si spera che l'interessante «Prehistoire d'amour» possa essere tradotto in italiano quanto prima.