Isabella doma il pubblicitario «svicolone»

Il Leone d'Oro alla migliore opera prima l'ha ricevuto così l'altra mattina nella sede dell'Anica a Roma, città dove in questi giorni il regista americano Dylan Kidd si trova per presentare «Roger dodger», ossia «Roger svicolone», la pellicola che al Lido si è aggiudicata anche il Premio Fipresci della critica internazionale. Il lavoro di Kidd sarà nelle sale dal 29 agosto distribuito dalla LadyFilm. Ambientato tra le mille luci di Manhattan, «Roger dodger» è uno sguardo sofisticato e divertito posato sul moderno ego maschile, impegnato nella guerra dei sessi. Roger Swanson, soprannominato «dodger», per la sua arguta e coinvolgente capacità oratoria di cinico ed arrogante pubblicitario, è convinto di aver raggiunto un'indiscussa abilità nel manipolare le donne. Cast brillante, con la sempre affascinante Isabella Rossellini nel ruolo della "capa" del nostro Roger che gli darà una bella lezione, e le bellissime Jennifer Beals («Flashdance») ed Elizabeth Berkley («La maledizione dello scorpione di giada» di Woody Allen). Protagonista, Campbell Scott («L'amante in città») qui anche nel ruolo di produttore esecutivo. Signor Kidd, come le è venuta l'idea di questo soggetto, c'è forse qualcosa di autobiografico? «Assolutamente no. Tuttavia al momento di scrivere una storia si tenta sempre di sperimentare alcuni tipi di personaggi, mettendogli in bocca spesso delle battute che magari non si avrebbe mai il coraggio di dire a se stessi». Come siete arrivati ad affidare il ruolo di Joyce a Isabella Rossellini? «Cercavamo un'attrice per il personaggio che avesse una grossa presenza scenica, perchè si vede poco ma è l'elemento scatenante di alcuni comportamenti di Roger. Per cui il pubblico deve ricordare quel volto femminile. E il voldo di Isabella è indimenticabile». È voluta la scelta di girare con la macchina da presa in spalla, dando vita a movimenti particolari e nervosi? «Volevamo dare la sensazione al pubblico di come ci si sente nel seguire i ritmi di vita di Roger. È come trovarsi nei panni di suo nipote Nik che chiede consigli allo zio. Il risultato è un senso di vertigine, di nausea. Si deve avere la sensazione di non riuscire mai ad afferrarlo, ad acchiapparlo».