Dalla frontiera con Warhol alla poesia oscura di Poe
Lou Reed (nella foto), in concerto ieri sera alla Cavea dell'Auditorium Parco della Musica, ha ripercorso trentacinque anni di carriera, accuratamente suggellati dalla recente pubblicazione di «NYC man - the ultimate collection». Accanto a lui gli inseparabili Mike Rathke alla chitarra, Fernando Saunders al basso, la violoncellista Jane Scarpantoni (protagonista di un assolo su «Venus in furs»). Niente batteria, in omaggio al rock cameristico di matrice velvettiana, salvo qualche sporadico intervento del poliedrico Saunders su un'installazione percussiva. Performer e "trasformer", dal titolo di un suo celebre album, Reed imbraccia la sua Fender Telecaster sulle note di «Sweet Jane». Si prosegue con i tono bluesy di «Small town», fino ad «Ecstasy», con un paio di concessioni alla chitarra distorta. Senza alcun criterio cronologico seguono brani tratti da «The raven», ultimo album di inediti ispirato alle atmosfere di Poe, tra cui «Vanishing act» e «Who am i». Reed attinge devotamente anche dal classico «Berlin» del 1973 con «Men of good fortune», «The bed» e «How do you think it feels?». E con l'aria altrettanto ossequiosa ripropone «Sunday morning» e una versione rock'n'roll di «All tomorrow's party» per concludere una scaletta di circa 25 canzoni con l'attesissima «Perfect day».