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La Rampling negli Usa piace più della bomba sexy Seigner

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Una grande sorpresa. Soprattutto per lei, perché «alla mia età non si pensa mai di poter essere ancora riconosciute». Eppure, Charlotte Rampling, l'indimenticabile interprete de «Il portiere di notte» diretto dalla Cavani, ancora oggi è in grado di poter dire la sua. Anche qui, in quella Hollywood che lei detesta e che oggi la osanna. Le fa piacere trovarsi di nuovo sulle prime pagine dei settimanali? «Sì, tantissimo. Negarlo sarebbe stupido e ingrato. Uno schiaffo al destino, e questi sono errori che nella vita non vanno mai commessi. Il destino va sedotto, non insultato, perché la vita detesta le persone ingrate. E quelle cattive e quelle maleodoranti. Io sono fatta così, nonostante l'età seguito a pensarla nello stesso modo in cui pensavo quando avevo diciotto anni». La stampa americana le ha riconosciuto uno charme superiore al sex appeal della sua co-protagonista, la diciannovenne Ludivine Seigner. «Sono carini gli americani, non lo nego. Forse si sono ricordati che è sempre buon segno trattare con garbo una vecchia signora. Lo dico sul serio. Io me lo ricordo quando avevo vent'anni e arrivavo sul set. Bastava guardare un cameraman negli occhi e sentivo a distanza il suono delle ossa delle sue ginocchia che si piegavano. Facevo la mia figura. Con un sorriso aprivo ogni porta, e quando decidevo di uscire la sera e mi mettevo in tiro, avevo dietro il codazzo. La giovinezza è una età bellissima, indimenticabile, soprattutto per una donna, come me, che ha avuto la fortuna di darla ad intendere quando era possibile farlo. Ma la mia stagione l'ho vissuta alla grande e ne sono contenta. Così come mi sento fiera di essere riuscita a stupire ancora la platea, nonostante avessi accanto a me un fior fiore di pupona che più bella di così si muore. Che cosa vuol dire darla ad intendere? «È tutta colpa (o merito) della Cavani. Io ero una brava ragazza inglese che veniva da una buona famiglia e voleva recitare Shakespeare. Ero timida, sgraziata, magra, ossuta, davvero inappetibile, anche per i palati più sognatori. Eppure, lei, alla quale ero stata indicata da Dirk Bogarde - che riposi in pace - un amico davvero fraterno, insisté per farmi fare quella parte perversa che a dire il vero mi piacque da matti. Fu una bella sfida. E da quel momento tutti finirono per credere alla magia del mio essere una gran seduttrice. Era pura finzione cinematografica. Fare del cinema È come essere finiti dentro a un quadro di Salvador Dalì con la gente davanti che dice: "bello questo quadro realista" e non si accorgono che il pittore li sta prendendo in giro».

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