Il pensiero degli intellettuali di destra negli anni '70
Il libro si intitola «I non conformisti degli anni Settanta — La cultura di destra di fronte alla contestazione» (ed. Ares). Trent'anni di distanza sono tanti, e ciò rende più interessante la lettura. Scorrendo queste pagine nasce spontanea una prima considerazione: nessuno degli intellettuali intervistati ha nel frattempo cambiato idea, benché stare a destra fosse (e sia) molto più difficile che stare a sinistra dove, però, si sono verificate da allora molte apostasie chiaramente di comodo. Lo so, secondo un infelice luogo comune (inventato dai trasformisti) soltanto i cretini sono incapaci di voltafaccia; ma questo non vale per tutti, giacché alla cultura della destra appartengono i valori dell'onore e della fedeltà, di cui la sinistra può fare a meno, essendo filosoficamente incline al relativismo pragmatico. D'altronde chi da giovane ha fatto una scelta di estrema minoranza (dati quei tempi), ha posto in gioco tutto se stesso, ha messo in conto asprezze e difficoltà, per cui è improbabile che tentenni. La seconda considerazione, a lettura ultimata, è l'ampiezza e la compattezza del fronte, pur nella varietà delle posizioni. Si era al tempo della contestazione più accesa, alla vigilia degli anni di piombo, quindi gli intervistati, chi più chi meno, analizzarono quel fenomeno, destinato in Italia a essere più devastante che altrove in Occidente. Tutti però, pur denunciando acutamente le cause ideologiche della contestazione, si ponevano a un livello più alto, direi metapolitico, che consentiva di valutare gli eventi con serenità e di prevedere tempi migliori. Era un atteggiamento fermo e responsabile, che alla fine sarebbe stato fruttuoso. Infatti la lettura di queste pagine rafforza la mia convinzione che il successo politico della destra dai primi anni Novanta a oggi dipenda anche da quella forte resistenza culturale, da quel pensiero nascosto ma diffuso nella società. Certo, come nota Sergio Romano nell'attenta prefazione del libro di De Turris, non si trattava e non si tratta di un pensiero unitario; le componenti, le provenienze, erano e sono diverse (ma non necessariamente opposte): tra gli intervistati si notano i testimoni di un passato che non si vuole tradire, i cattolici integralisti, gli esoterici, i liberali elitari e ironici. Sono diversi — è una ricchezza culturale — e tuttavia accomunati dall'anticonformismo, dal gusto di andare controcorrente. Nel frattempo molti di loro non ci sono più (tra gli altri Giovanni Volpe, Orsola Nemi, Julius Evola, Giuseppe Prezzolini, Dino Buzzati); ma quelli che restano, non uno di meno, continuano fervidamente a dare prova delle loro idee. Tornare a incontrarli, a incontrarci, per me è emozionante, rivedendo come eravamo, trent'anni dopo; ma credo anche che per le nuove generazioni possa risultare interessante la scoperta di una storia culturale tuttora scarsamente conosciuta.