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Il Festival dei Due Mondi di Spoleto inaugurato dall'opera wagneriana e dalla danza

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Però io ti vedo in forma. «Ma non sento piú da un orecchio». E che gli fa! Si campa lo stesso.... «Già, ma al cuore m'hanno applicato delle bubbole». Statti buono: altri a 92 anni d'età stanno peggio, mentre tu sei vispo e alacre come un furetto e hai tirato fuori 'sta regía del «Lohengrin» ch'è una maraviglia di giovinezza e di passione. A sentirlo vibrare codesto pathos int' 'o core come lo senti te, zomperebbe di giubilo anche un sessantenne, ma che dico! un trentenne: nel colmo dei fochi e dei pizzicori largitigli, a tempo debito, da mamma Natura. Tu lamenti di non esser piú agile. All right, non sarai sano come una lasca; epperò i tuoi personaggî wagneriani paiono agitati sulla scena da una tensione straordinaria: e ognuno di loro sa a puntino che cosa cerca, che cosa scantona, dove va, donde viene. E Lohengrin rifulge come l'eroe votato alla rinunzia d'amore per colpa dell'avidità di cognizione che rode Elsa: quasi un'Eva con la gnagnera di mela, in vero, ce lo sai, con un anelito di sapere. E Ortrud l'hai scolpita con un'aggressività sorprendente, autentico opificio di nequizie ferali, effigia d'efferataggini, scrigno di furori e di riscaldi uterini, adergendola, siccome intendeva Wagner, a prima fra le dramatis personae: prima di Elsa e di Lohengrin: prodromo della Kundry parsifaliana. E tutti d'attorno, nel moto corale e nel realistico e «povero» décor dipinto, compongono un quadro ambientale che meglio non potrebbe accogliere e blandire l'urgenza della dialettica tra la divinità di Lohengrin e l'umanità di Elsa. Dicono che oggi le regíe di stampo tradizionale come la tua non siano up-to date. Fai bene ad impipàrtene, delle cangevoli mode, e del deliro dei registi posaioli e intruglianti che pizzicano il culo alle opere, e fai ancor meglio considerando quale bellezza e veridicità di spettacolo ottieni dando retta solo alla tua natia vena ispiratrice: ch'è fiorente non ostanti i novant'anni e passa, non ostante la senettute che ti pungica là e qua. Resti, Maestro, uno scugnizzo fumigante (e sornione). Ad esser sinceri, ciai anche un altro merito, e non da poco: quello d'aver puntato su un direttore d'orchestra, Mark Stringer, che dirige Wagner con una partecipazione emotiva ed una misura stilistica esemplari, senza mai coprire le voci, sempre cavando dalla partitura la polpa piú succosa, che nel Lohengrin è di quella buona e melodrammatica; e d'aver scelto un'Orchestra, «The Juilliard», che sibbene formata di ragazzi, rivela una coscienza dell'alto cimento wagneriano ed una tecnica degne di blasonate compagini; ed un cast vocale d'un livello comune all'insegna di valori irrefutabili. Elsa è interpretata da Elizabeth Hagedorn, dalla cui bianca gola s'irradia una tenerezza lirica da magare l'ascolto di prim'acchito, mentre lui, Lohengrin, è ben ritratto dal giovine e membruto Thomas Rolf Truhitte. E piú ancora ci garba la formidabile Ortrud di Victoria Livengood che tanta voce gestisce in petto da far bilicare con un acuto la Torre pisana; e Koenig Heinrich è còlto da Pavel Kudinov con un accento di maestosità che piú congruo non s'imaginerebbe. Tu, Maestro, sarai pure acciaccato quanto deplori, ma, non v'ha dubbio che la tua performance è un trillo di rigoglio - il piú gioioso e vago - fattosi teatro. Di là da lodàmi e imburreggiature di convenienza, accètta l'assenso che si fonde agli applausi del pubblico presente alla première di ieri sera. È la sera che profuma le anime come la tua.

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