Cercasi tormentone estivo, «Chihuahua» lo svizzero ci prova
Ancora da individuare l'erede di «Aserejè», incubo musicale del 2002
Gia, perché è entrata l'estate e non abbiamo ancora il classico tormentone estivo, in grado di maramaldeggiare alla radio, in mare, nell'auto, in montagna. Non che i discografici se ne siamo dimenticati, tutt'altro, ma ancora non è arrivato quel ritornello, quella trovata, quel "riff" in grado di tenere banco per le dieci-quindici settimane più bollenti. Qualcuno dirà che è troppo presto. Giusto. Soprattutto se si considera che il tormentone principe dello scorso anno, l'irresistibile «Asereje'» delle Las Ketchup, si impose in hit parade nella seconda metà dell'estate. Il concetto stesso del tormentone estivo sembra riproporre un residuato della discografia, quando l'industria si esprimeva a 45 giri, i dischi erano stagionali e qualche volta anche i cantanti. Del tutto retorica anche l'accoppiata canzone-estate, legata ad un'idea della vacanza che per chi se lo poteva permettere era soprattutto villeggiatura, ovvero un divertimento stanziale dove la casa in affitto, il juke-box, il campeggio e la vituperata "rotonda sul mare" avevano il loro peso. Eccome se lo avevano. Se ne dovettero accorgere i cantanti estivi per antonomasia (Nico Fidenco, Jimmy Fontana, Edoardo Vianello) ma anche fior di musicisti quali Ennio Morricone o Luis Bacalov che con la loro maestria scrissero dozzine di inni del sol leone. Ma oggi che valore può avere un tormentone? È come dire comprateci ma dimenticateci presto. Accontentati. E l'industria discografica, con tutti i problemi che ha, non potrebbe concentrarsi su altri prodotti, magari tornando ad investire e prendendo le distanze dall'usa e getta? Ma visto che il tormentone, ormai onda anomala di ogni spiaggia, arriverà, puntuale o con ritardo, non ci resta che parlarne. Per ora il più accreditato è «Chihuahua» di Dj Bobo, il classico finto latino lanciato da uno spot televisivo. Dietro Dj Bobo si cela Renè Bauman, uno svizzero trentacinquenne ex fornaio, uomo da sala di registrazione e ottimo mestierante. Sempre dagli spot arriva «Bailando» delle Permiso Extraordinario, tre ragazze napoletane che cantano in spagnolo. Stessa lingua anche per il Collettivo Soleluna, in lizza con «A vida». Loro però sono multietnici veramente e in più sono prodotti da Jovanotti. Già piazzatissimo in classifica «Ma dai» di Andrea Cardillo, reduce da «Saranno famosi», più vicino al rhythm and blues «Verofalso» di Paolo Meneguzzi, buone possibilità per «Gattomatto» di Roberto Angelini, «Prima di andare via» di Neffa e «La canzone del capitano» di Dj Francesco, ultima scoperta di Claudio Cecchetto. Qualche speranza anche per Elio e le Storie Tese con «Shpalman» (stavolta molto vicini ai loro maestri Skiantos), per gli australiani Androids con «Do it with Madonna», sorretti da un video molto ironico. Folto il gruppo di quelli che ci riprovano. A cominciare da Valeria Rossi, che nell'estate del 2001 impose «Tre parole» (tormentone spontaneo) e che quest'anno presenta «Luna di lana». Dalla Sardegna la risposta in dialetto alle Las Ketchup: Le Balentes (Stefania Liori, Lulli Lostia ed Elena Nulchis), cantano in sardo e coniugano dance e launeddas. Da molto più lontano arrivano le Cheeky Girls, nientemeno che dalla Transilvania. Si tratta di Gabriela e Monica Irimia, gemelline discendenti di Dracula, pronte a bombardarci con «Take off your shoes», ovvero "togliti le scarpe", che fa seguito al loro precedente successo «Touch my bum», cioè "toccami il sedere". Ottime speranze anche per Mario Venuti con «Veramente» e per un paio di latini veri, ex tormentonisti, come Jarabe de Palo con «Bonito» e Ricky Martin con «Jaleo». Ma attenzione al tormentonificio a tutti i costi, potrebbe riverlarsi pericoloso. Panjabi Mc, il disc jockey indiano re del "bhangra" e recordman di vendite con «Mundian to bach ke» ci riprova con «Jogi» ma dovrà stare attento. Il suo celebre successo somiglia troppo da vicino al tema musicale «Supercar» (serie Tv degli anni Settanta con David Hasselhoff), si aspetta una sentenza e stavolta non potrà fare l'indiano. È già