Sanremo in crisi Nessuno vuole dirigere il festival
I vertici Rai dovranno sciogliere questo ultimo nodo per consentire la messa in moto, sia pure in grande ritardo, di tutta la macchina festivaliera. Certo, le polemiche delle ultime settimane non aiuteranno la serenità di questa importante nomina e di tutto ciò che seguirà, visto che probabilmente avremo un Sanremo in tono minore, ridimensionato nel budget e quasi sicuramente nel cast. La Rai non dovrebbe rincorrere la figura del padre-padrone del festival, il classico "patron" alla Gianni Ravera o Ezio Radaelli. Tale figura non esiste più. Appartiene al passato, all'epoca in cui la gara di canzoni operava in regime di monopolio e di industria discografica da vacche grasse; tutto il contrario del momento storico che stiamo vivendo da alcuni anni. Sembrano tramontate le ipotesi relative alle figure di Carlo Bixio e Adriano Aragozzini, due ex della rassegna, come pure le auto-canditature di Paolo Limiti e Claudio Cecchetto. Definitivamente fuori, con strascico di polemica, Pippo Baudo, mentre di Mario Maffucci, il dirigente Rai che ha al suo attivo l'organizzazione di una ventina di edizioni della rassegna, non si è saputo più nulla. Una proposta ufficiale è arrivata anche a Renzo Arbore, il quale ha detto subito no, come del resto continua a ripetere da vent'anni. E allora? Di nomi su piazza non ne rimangono molti, e forse è un bene. Sarà un'annata molto delicata, eppure in qualche modo decisiva, per capire, per esempio, se la crisi rappresenta un ciclo o una momentanea battuta d'arresto. La Rai ha onorato il contratto di due anni che aveva con Baudo, che si è appena concluso e non è stato rinnovato, eppure c'è il sapore della rimozione, in questo momento molto rischiosa, in grado di generare nevrosi. In questi ultimi giorni la Rai ha dovuto subire anche l'arroganza della confindustria dei discografici, che vorrebbe mettere bocca sull'organizzazione artistica del festival medesimo, come del resto ha sempre cercato di fare il comune di Sanremo. I discografici devono capire che tutti i loro problemi - che non sono pochi, ne conveniamo - non possono essere risolti dai cinque giorni di festival, né tantomeno dalla Rai, che ha un'altra missione. Loro sono dei fornitori e dovrebbero preoccuparsi soprattutto di elevare il livello della produzione (che non è mai stato così basso) e non minacciare di organizzare il Festival di Rimini, come avviene di solito in questo periodo. Hanno ragione, invece, quando richiedono i soldi pattuiti come rimborso spese, che ancora non si sono visti. Il rischio che la prossima edizione di Sanremo possa avvenire in ginocchio alla discografia non è così remota e naturalmente si risolverebbe in un grossolano errore strategico da parte della Rai. Per ovviare a tutto ciò, per non rincorrere ansiosamente un patron che verrebbe contestato il giorno dopo, la Rai dovrebbe attrezzarsi come da anni fanno importanti festival di musica classica, di teatro o di balletto, dove il direttore artistico non è un'interfaccia ma un tecnico stimato e apprezzato nel settore. Meglio ancora una commissione tecnico-artistica, possibilmente al di sopra delle parti, in grado di fugare ogni dubbio di trasparenza, di legami o pendenze varie. Già, perché quest'anno il Festival di Sanremo, oltre ai consueti traguardi di Auditel e di vendita di dischi, avrà il problema di recuperare in credibilità, di evitare la percezione di brogli dietro ad ogni ritornello, di pastetta e di possibile scandalo. Non sarà facile, forse è per questo che i direttori artistici non stanno facendo la fila.