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Addio Sergio Bruni Napoli dopo Murolo perde un'altra voce

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A quello strumento straordinario che è stata la sua voce - emissioni nasali e di gola in grado di creare sottolineature melodiche di ampio respiro - si deve lo stile Bruni. Uno stile destinato a fare scuola, a creare centinaia di imitatori che mai seppero raggiungere quelle mirabili modulazioni con tanto di influssi arabi e spagnoleggianti. Nato a Valricca, un grosso borgo agricolo a pochi chilometri da Napoli, inizia giovanissimo a studiare musica, debuttando come clarinettista nella banda del paese. Sotto le armi partecipa alle «quattro giornate di Napoli», riportando una ferita alla gamba che lo lascerà menomato. Ma proprio all'ospedale incontra Vittorio Parisi, che lo spinge alla professione. Dalla fine degli anni Quaranta partecipa con frequenza alle rassegne di Piedigrotta ma continua a studiare canto e chitarra per migliorarsi. A partire dagli anni Cinquanta arrivano i grandi successi discografici e le vittorie al Festival di Napoli: da ricordare «Vieneme 'n zuonno»(1959), «Marechiaro, marechiaro» (1962), alle quali vanno aggiunte «Il mare" (Festival di Sanremo 1960) e altre canzoni in lingua che gli apriranno un successo più vasto. La sua affermazione internazionale, soprattutto negli Stati Uniti, non è di minor conto, soprattutto per le sue personalissime ricostruzioni dei grandi classici della canzone napoletana. A partire dagli anni Settanta, un po' stanco e sfiduciato, soprattutto dall'ingloriosa fine del Festival di Napoli, dirada notevolmente la sua attività, continuando ad incidere e ad esibirsi, per pochi fortunati, a casa sua. È il momento più delicato della sua carriera: l'artista rischia la depressione, anche se gli attestati, i riconoscimenti e la popolarità non vengono meno. Fra i tanti «re della canzone napoletana», Sergio Bruni si è sempre distinto per il rigore filologico, per quel piglio di artista-ricercatore che lo ha sempre collocato un gradino più in alto di suoi famosi colleghi. Da alcuni anni, non più in buona salute, Bruni aveva lasciato la sua amata Napoli per stabilirsi a Roma, accanto alle sue figlie, anche se la passione e la voglia di dire la sua era ancora quella di un tempo. Sergio Bruni lascia una copiosa discografia, avendo inciso migliaia di brani, dal Seicento ai nostri giorni, ma soprattutto un clima, uno stile da cui sarà difficile prescindere, come hanno ampiamente dimostrato gli interpreti delle ultime generazioni. Un lutto grave, un vuoto impossibile da riempiere; con la speranza che le istituzioni, la discografia e la Rai non lo dimentichino velocemente.

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