Il magistrato Agrò risolve un giallo kafkiano
Domenico Cacopardo completa la trilogia dedicata alle gesta del sostituto procuratore
Il protagonista cita spesso Quasimodo, ricorre alla sapienza popolare, ama la musica e la buona cucina e mostra di possedere uno spiccato umorismo. Prossimo alle nozze con Roberta Caringi, insegnante di matematica, viene travolto dalla tempesta di alcune fotografie inviate, anonime, alla futura sposa, le quali provano un incontro di lui e la sua precedente fiamma, la bella Franca Vajnotto, un avvocato smarrito in un ginepraio «come Alice nel paese delle meraviglie». La sdegnata reazione di Roberta, che si chiude in un gelido silenzio, distilla malinconia nel magistrato: opachi, i giorni si accordano con le minacce inscenate dalla trama gialla. Due episodi, a prima vista inconciliabili tra loro, scatenano le indagini: la sparizione del cadavere di un uomo, deceduto anni prima nella clinica-lazzaretto Poggio degli Angeli, e il furto, commesso in una chiesa sconsacrata di Città della Pieve, di un dipinto, «L'Ascensione di nostro Signore», di Niccolò Circignani, un pittore manierista detto il Pomarancio. A complicare l'intrigo concorre la scoperta che, nella sinistra casa di cura, si trova ricoverata la Vajnotto, ridotta a un povero essere disorientato, sottoposto a un avvelenamento sistematico. Cresce una vicenda kafkiana i cui imprevedibili esiti si legano a un unico, diabolico disegno criminoso. Fra le tessere del puzzle agisce, intanto, un simpatico investigatore privato sempre in bolletta, Puccio Ballarò, scalcinato e sanguigno. Basso, grasso, abile nel suo mestiere, vive con Tania, giovane e costosa ucraina giunta in Italia con il sogno dello spettacolo. Al centro, in un'alternanza ben distribuita di apparizioni, si accampa Agrò che, riconquistato l'amore di Roberta, risolve brillantemente il caso. Nel tumulto dei colpi di scena il romanzo convoca molti personaggi affidati a ritratti in chiaroscuro: dal professor Chiumarrà alla nigeriana Arianne; da un ambiguo argentino a due altrattanto ambigue signore; da un magistrato sportivo e abbronzato a un corteo di amici, militari e uomini di legge, funzionari e politici corrotti, affaristi e spacciatori di opere d'arte. Lineare, talora metallico nell'essenziale scrittura spedita, «La mano del Pomarancio» dà vivacità narrativa anche a qualche vana saggistica e alle riflessioni sul potere e sui guasti dell'oggi, e si spinge a catturare il senso segreto di una situazione, la «luminescenza» di un esterno. Domenico Cacopardo «La mano del Pomarancio» Mondadori 227 pagine, 16.60 euro