di DANIELE DEL MORO ERA ORA, borbotterà qualcuno.
A cinquecento anni dalla loro realizzazione, infatti, tornano per la prima volta in Italia e per gentile concessione di Sua Maestà la regina Elisabetta II, cinque delle più importanti opere cartografiche di Leonardo. La mostra «Leonardo genio e cartografo», promossa dal Comune di Arezzo e dall'Istituto Geografico Militare, ospitata nella sede del trecentesco Palazzo Comunale di Arezzo da oggi sino al 30 settembre 2003, è stata presentata l'altroieri nel corso di una conferenza stampa a cui hanno preso parte il sindaco della città, Luigi Lucherini, il ten. gen. Michele Corrado, comandante dell'Istituto Geografico Militare, Theresa Mary Morton, coordinatrice della Royal Collection Trust, Andrea Cantile, curatore dell'esposizione, Carlo Starnazzi, leonardista e paleontologo e Carlo Pedretti, del centro A. Hammer Ucla. Un tentativo, insomma, di avvicinare curiosi e specialisti al fascino del genio vinciano tramite i segreti della geografia e della cartografia. Il percorso della mostra si articola in quattro sezioni: scienza, tecnologia, produzione cartografica e tribuna leonardiana che verranno precedute da una rassegna di apocrifi tratti dal «Trattato della pittura» di Leonardo che, provenienti dalla Biblioteca Riccardiana di Firenze e dalla Leonardiana di Vinci, sottolineano il legame esistente tra le teorizzazioni del genio del maestro in questo campo e la realizzazione delle sue opere cartografiche. Dopo aver ammirato 11 esemplari dei principali saggi riguardanti le conoscenze scientifiche dell'epoca in relazione alla matematica e geometria, al rilevamento, alla geografia e alle opere militari, 14 strumenti e modelli, i primi costituiti da esemplari originali impiegati per il rilevamento topografico e l'investigazione scientifica, gli altri ricostruiti a partire da documentazioni certe, tratte dalla letteratura scientifica del tempo e realizzati per l'Istituto e Museo della Storia della Scienza di Firenze e per il museo degli strumenti dell'Istituto Geografico Militare, l'antologia di 8 importanti opere datate a partire dal 1455 che tracciano un profilo essenziale della produzione cartografica riguardante l'Italia e la Toscana tra il XV e XVI secolo, si giunge al cuore dell'esposizione. La «Tribuna leonardiana» è la sezione che permette di ammirare le Paludi Pontine, la carta della Toscana occidentale, dell'Italia centro-nord, la vista della Valdichiana e la carta della Valdichiana conservate presso la Royal Library di Windsor e ottenute in prestito dall'Inghilterra. «La forza espressiva, l'originalità e la plasticità di queste rappresentazioni - ha spiegato Andrea Cantile - derivano soprattutto dall'impiego dello sfumo per evidenziare le forme orografiche e dal tentativo di restituzione delle stesse secondo rapporti di proporzionalità». Geniale, dunque, l'uso del colore che anticipa il concetto del "più scuro, più alto" rimasto invariato sino ai nostri tempi e che tutti ricordano nelle cartine geografiche appese alle pareti delle nostre scuole e su cui si appuntava lo sguardo preoccupato degli interrogati. «L'attenzione riservata agli aspetti topografici, geografici e geologici di un particolare sito valutato nella sua complessità paesaggistica - ha aggiunto Starnazzi - si afferma in Leonardo sin dal suo apprendistato presso la bottega del Verrocchio. Ma il tentativo di stabilire una visione organica e l'unità strutturale dell'intero mondo rappresentato, fondata su di un ordinamento non sommario, bensì misurato, dei dati dell'esperienza, venne da Leonardo compiutamente raggiunto dopo lo studio degli "Elementi" di Euclide, dietro il magistero del maestro Luca Pacioli». Leonardo, insomma, getta le radici per la concezione moderna di geografia. Riguardo ai costi dell'evento, il sindaco di Arezzo risponde con la proverbiale ironia dei toscani: «Meglio ciechi che indovini - sottolinea - e posso solo dire che la cifra approssimativa di 780 mila euro è stata coperta al 90 percento dagli sponsor». Vale la pena, dunque, di contemplare le novità