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Alla Mostra del Cinema l'artista esporrà i décollages sulla Monroe, sua ossessione

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Nel suo studio milanese, Mimmo Rotella sottolinea con enfasi il suo instancabile attivismo, mentre con uno scalpellino deforma su un manifesto di «Niagara» il volto angelico e seducente della mitica Marilyn. Rotella strappa con grazia ispirata pezzi di orecchie, ciocche di capelli, sfregia con tenerezza le guance, mozza appassionatamente il naso, incide il suo amore sulle labbra della diva per eccellenza, sospirando di ammirazione infinita e ansimando per lo sforzo. Poi, alle lacerazioni d'autore, Mimmo Rotella farà seguire le pennellate di colore sul viso e sul corpo straziato della leggendaria star di Hollywood. L'opera, assieme ad altre decine di décollage dedicati alla Monroe, partirà per il Lido di Venezia dove sarà installata nello spazio che la prossima Mostra del Cinema intitolerà a Marilyn, 41 anni dopo la sua drammatica, e ancora misteriosa, scomparsa. «Alla Mostra del Cinema, in agosto, ci sarà un omaggio a Marilyn e mi hanno chiesto di esporre le opere che le ho dedicato, con i miei décollage dei manifesti dei suoi film - spiega Rotella, 85 anni, mentre la piccola Asya, sua figlia, 10 anni, osserva stupita e silenziosa - Intanto, a Pechino e a Shanghai hanno allestito due mostre con le mie opere e una terza sarà inaugurata, a luglio, a Città del Messico. Forse, ci sarà un'altra esposizione a Zagabria; mentre un mio mosaico sull'immigrazione fa già da decoro a una stazione della nuova metropolitana di Napoli. Intanto, Emanuele Parrini sta per lanciare il cd "Rotella Variations", in cui cantanti come Tiziana Ghiglioni rendono omaggio a ritmo di jazz ai miei "poemi epistaltici"». Dopo aver scoperto e lanciato il décollage, nel '58, lei rivolge la sua attenzione di artista allo "strappo del mito", attaccando i manifesti del grande Cinema di Cinecittà e di Hollywood. Fa a pezzi i volti di Rita Hayworth, John Wayne, Elvis Presley, Anita Ekberg, Mastroianni e, più di tutti, quello bellissimo di Marilyn Monroe. Il glamour dei divi del Cinema consacrò definitivamente il successo della sua arte? «Sì, fu così. Il Cinema è sempre stato la mia grande passione. Quando ero bambino, scappavo di casa e andavo al cinema a guardare i film di Buster Keaton, di Charlie Chaplin, dei cow-boy. Quelle immagini hanno, poi, ispirato le mie opere. In particolare amavo i film con le icone di Hollywood: John Wayne, Elvis, Marlene Dietrich, e Marilyn, in particolare. Mi piaceva molto, è stata una grande diva e un'artista molto intelligente». Ha visto molti film di Marilyn? Qual è il suo preferito? «Sì, li ho visti tutti. Quello che preferisco, forse, è "A qualcuno piace caldo", dove c'è anche la musica, il jazz, e lei che canta. È una Marilyn già matura, anche se ha sempre i suoi problemi psichici. Provo molta simpatia e ammirazione per il personaggio, ma anche per l'artista. Come attrice, Marilyn era bravissima e intelligente: l'atteggiamento da svampita faceva parte del personaggio, della commedia. Oggi, non ci sono attrici alla sua altezza: non lo sono né Cameron Diaz, né Julia Roberts». Il suo legame con il cinema si estese persino ad Alberto Sordi e al suo celebre film «Un americano a Roma». Come? «Nel '51 vinsi una Borsa di studio e andai a Kansas City. Al ritorno, un anno dopo, raccontai le mie avventure americane al mio amico Lucio Fucci che allora era sceneggiatore di Steno. Da quei miei racconti nacque il personaggio di Sordi: «Ao' so' americano de Cansassiti"». Già nel '62, alla Sidney Janis Gallery di New York, aveva esposto le sue Marilyn accanto a quelle di Andy Warhol e di altri grandi della pop-art. Qual è la differenza tra le sue Marilyn e quelle di Warhol? «Le serigrafie di Warhol esaltano il personaggio di Marilyn, così come tutta la pop-art americana enfatizza i suoi soggetti, anche quelli commerciali. Io, invece, sviluppo una critica, reinvento il personaggio Marliyn e lancio un messaggio».

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