di GIAN LUIGI RONDI ASPETTANDO LA FELICITÀ, di Abderrahmane Sissako, con Mohamed Mahmoud ...
UN PICCOLO villaggio ai margini del deserto sulla costa della Mauritania. Vi arriva un giovane per salutare la madre prima di emigrare in Europa dove pensa che l'aspetti la felicità. È vissuto lontano, tanto che non capisce la lingua del luogo e si esprime solo in francese. Non sa nulla, perciò, di usi, di riti e di tradizioni. Che invece, improvvisamente, gli vengono incontro proprio mentre è lì solo per separarsi da quelli. Bastano un vecchio che si affanna attorno a dei collegamenti elettrici, un ambulante cinese che coltiva il karaoke, una prostituta che si lamenta, una donna anziana che insegna canto a una più giovane e, soprattutto, un ragazzetto orfano che, correndo di qua e di là, finisce per collegare in un certo modo tutti quei personaggi che pure non hanno nessun collegamento fra loro (salvo il villaggio in cui si muovono). Il giovane osserva, capisce, partecipa. Alla fine, però, partirà egualmente, trascinandosi una grossa valigia tra le sabbie di un deserto che sembrerebbe volergli impedire di proseguire. Realtà, ma anche simboli, metafore. Ce li propone un regista mauritano, Abderrahmane Sissako, che si era già fatto conoscere con uno dei film della serie «Il 2000 visto da...», «La Vie sur Terre», che, contrapponendo l'Africa all'Europa, dimostrava come, per i valori della prima, l'arrivo del Terzo Millennio fosse del tutto ininfluente. Oggi, immaginando un africano che si illude di trovare la felicità in Occidente, torna a sottolineare quei valori autentici che si sta lasciando alle spalle. Solo però con allusioni, segni sospesi, facce vere, immagini dai colori preziosi. Un cinema ispirato di poesia.