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di GIAN LUIGI RONDI RIDERS, di Gérard Pirès, Con Stephen Dorff, Natasha Henstridge, ...

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GÉRARD Pirès è un regista francese incline spesso alle commedie facili. La più recente «Taxxi» (con due «x»), in passato «Caccia al montone», «La pendolare», «Il rompiballe... rompe ancora». Adesso, come tanti, ha attraversato l'oceano e ha pensato bene di inserirsi tra i meccanismi di Hollywood, probabilmente per dimostrare che, anche lui, sa «far l'americano». Ha così rimaneggiato la sceneggiatura di un altro e si è buttato a capofitto in un genere trai più visitati dai suoi colleghi d'oltreoceano, quello dei rapinatori di banche. Certo, in mezzo, ha accettato anche una storia — una banda di quattro superbanditi, una seconda banda che fa loro concorrenza, una polizia sempre all'inseguimento — ma quello su cui più ha puntato sono stati i modi per rappresentarla, sia come risvolti narrativi, sia come ritmi di regia. Perciò, sul versante dell'avventura che si pretende mozzafiato, c'è un po' di tutto, specie con accenti mirabolanti. Intanto i... pattini. La banda riesce sempre a sfuggire alla polizia dopo i suoi colpi e a un certo momento, per farlo, ricorrere ai pattini, mescolandosi con grande abilità, a un gruppo di giovani che pattinano per diletto e mimetizzandosi così in mezzo a loro. Poi c'è anche un camion che, in fuga, corre per vari chilometri su un'autostrada sempre inclinato solo sulle ruote di sinistra, fino, ovviamente, allo sfascio totale. Si corre sempre, si organizzano sempre inseguimenti mozzafiato, lasciando solo che in qualche breve pausa affiorino i sentimenti di questo o di quello. Fino a un lieto fine perché spesso al cinema le rapine pagano. Gli interpreti sono solo facce, ma per quello che debbono fare bastano.

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