Baj, quello sguardo ironico sul mondo
Si è spento nella notte tra domenica e lunedì a Vergiate, in provincia di Varese, dove abitava da trent'anni. Con lui, il mondo dell'arte perde uno dei superstiti protagonisti dell'avanguardia estetica degli anni '50, che Baj aveva contribuito ad animare assieme a personaggi ormai mitici, come Lucio Fontana, Asger Jorn, Piero Manzoni e Yves Klein. Fu appunto il clima creativo e vivacissimo di quella stagione a sedurre il giovanissimo Baj che, dopo aver fatto studi classici ed essere avviato alla carriera forense, finì così per approdare alla pittura. Nel 1951, Baj è tra i firmatari del Movimento Nucleare, assieme a Sergio Dangelo, Joe Colombo, Gianni Dova ed altri artisti. Il Movimento Nucleare (proprio Baj trovò il nome) interpretava l'opposizione ad una poetica di matrice astratto geometrica e concretista - al tempo assai accreditata - promuovendo un automatismo psichico di discendenza surrealista. Questa iniziale presa di posizione risulta già fortemente indicativa dei successivi approdi di Baj che, con Asger Jorn (uno degli animatori del Gruppo Cobra, non a caso sempre molto affine alle scelte dell'artista milanese), darà vita nel 1953 al Bauhaus Imaginiste, ancora una volta in opposizione al pensiero logico e alla mentalità funzionalista, in ideale rivendicazione del versante più liberamente creativo del Bauhaus di Gropius. Nel 1955 Baj è tra i fondatori della rivista «Il gesto»; due anni più tardi sottoscrive il manifesto «Contro lo stile»; nel 1963, con Arturo Schwarz e Roberto Crippa, è animatore dell'Istituto Patafisico Milanese, in chiara filiazione dalle teorie di Alfred Jarry e dalla sua imagerie fantastica, anarcoide e paradossale. A questo punto le coordinate su cui collocare il lavoro di Baj risultano ben perimetrate, tra Dadaismo e surrealtà, tra irrisione, primitivismo e i primi echi italiani della Pop Art. In più occorre ricordare l'uso del collage e l'impiego di materiali eterocliti (stoffe, bottoni, nappe, medaglie, nastri e quant'altro), polemicamente ed estrosamente estranei al tradizionale linguaggio della pittura. Nascono così i cicli più noti e inventivamente felici dell'opera di Baj, ma anche quelli che più suscitarono al tempo reazioni irritate degli ambienti conservatori, come i famosissimi «Generali» (1959), graffiante satira del militarismo, o i quadri che l'artista otteneva da dipinti fatti preparare da pittori dilettanti in pieno repertorio kitsch, stravolgendoli mediante l'introduzione di una sorta di manichini grotteschi e truculenti, che equivalevano ad uno sbeffeggiamento della figurazione accademica. Celebre è anche un quadro politico come i Funerali dell'anarchico Pinelli (1972); di altri cicli occorre rammentare almeno quelli dedicato all'Apocalisse (1979) e all'Apoteosi del Kitsch (1989). Baj pubblicò pure numerosi libri, tra cui Patafisica(1982), Impariamo la pittura (1985), Cose, fatti, persone (1988), Ecologia dell'arte (1990), alcuni dei quali pubblicati da editori di primo piano come Bompiani e Rizzoli, ulteriore testimonianza di come l'artista avesse acquisito una vasta notorietà. Un saggio del 1990, Cose dell'altro mondo, costituiva uno sdegnato atto d'accusa nei confronti del sistema dell'arte made in Usa: un tempo si diceva che si nasce rivoluzionari per diventare conservatori.