«Basta pallottole ora l'avventura è Unomattina»
Dalla campagna di Bassora alla corazzata del contenitore mattutino della prima rete. Un impegno non meno faticoso, caratterizzato da un'analoga emotività e dalla medesima intensità dello stress lavorativo, anche se proiettato su obbiettivi differenti. È la metamorfosi di cui è stato protagonista Franco Di Mare, inviato di guerra, prima del Tg2 e successivamente del Tg1, con il passaggio di Clemente Mimun alla direzione del notiziario della prima rete. Dallo scorso 9 giugno Franco Di Mare affianca Sonia Grey nella conduzione di Unomattina estate. Il suo nuovo ed inedito impegno professionale si protrarrà fino a metà del prossimo settembre. Quali ragioni l'hanno spinta a passare dalle zone di guerra a Unomattina? «Come inviato a Kabul, nell'inverno del 2001, proprio "Unomattina" mi aveva riservato, all'inizio della diretta, una finestra quotidiana nella quale raccontavo, con un taglio giornalistico quasi nazional-popolare piccole storie di drammatica quotidianità della popolazione. Vicende che sarebbero restate oscure, ma di forte impatto emotivo. Il pubblico gradiva e lo dimostrò facendo impennare di alcuni punti lo share tradizionale di quella fascia oraria. Con il mio passaggio al Tg1, lo scorso anno, reduce dalla recente guerra in Iraq, è stato proprio il direttore Mimun a propormi quest'avventura televisiva, nel ricordo di quell'esperienza di due anni fa. L'aver mutato condizioni ed ambiente di lavoro rappresenta per me un nuovo modo di propormi professionalmente, con un differente carico di responsabilità, non meno oneroso che implica un impegno dalle quattro e mezzo del mattino, orario della mia sveglia quotidiana, fino alle otto di sera. Certo muovermi tra costumisti, parrucchieri, truccatori è, indubbiamente, un'esperienza diversa dallo schivare bombe e pallottole». Come avrebbe commentato la sua collega Maria Grazia Cutuli, se fosse viva, questa metamorfosi professionale? «Inizialmente mi avrebbe un po' preso in giro. Poi avrebbe capito. Le confesso che, prima di tuffarmi nell'impegno di Unomattina sono andato a trovarla, nel piccolo cimitero alla falde dell'Etna, dove riposa. E le ho parlato. Ricordando la sua straordinaria umanità, le sue doti di cronista attenta, pignola, impegnata a raccontare gli eventi nella maniera più razionale possibile, mi sono rassicurato sulla sua comprensione per la mia attuale differente esperienza professionale. Maria Grazia accanto ad una spiccata intuizione per la notizia, che l'ha portata, lei donna, a litigare con delle guide pakistane quando volevano celarle qualche notizia, non ha mai dimenticato la sua femminilità sia nella maniera di vestirsi alquanto vezzosa, pur in un ambiente maschilista e con una guerra in corso, sia nei rapporti con la gente del popolo. Una persona straordinaria che coniugava la forza del carattere ad una tenerezza incredibile che la portava ad elargire di nascosto di tutti, somme di denaro a bambini in condizioni economiche estremamente indigenti». La sua esperienza in Iraq diverrà un documentario? «Quel documentario era il frutto del lavoro di un gruppo di colleghi che si trovò ad abitare in comune un'abitazione disastrata e visse gomito a gomito schivando pericoli e sopravvivendo in condizioni di incredibile precarietà. In Iraq non c'è stata questa opportunità».