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di CECILIA GATTO TROCCHI GÈRARD Depardieu incontra Sant'Agostino.

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Ieri ha letto al teatro Argentina di Roma uno dei testi più straordinari della letteratura: «Le Confessioni», per presentarne la nuova edizione per Art'è editrice, con disegni di Alessandro Romano e introduzione di Vincenzo Cappelletti. Nella platea, tra i palchi di stucchi dorati la voce calda e profonda dell'attore, che ha recitato in francese, risuona, traversando i secoli, rivelando una modernità sconvolgente. Depardieu riconosce che Sant'Agostino ha inventato uno stile e un genere letterario salutato da immensa fortuna, fondato sull'introspezione. Non si può leggere Proust senza pensare ad Agostino. La letteratura classica non era interessata all'evoluzione spirituale della personalità, i classici presentavano l'uomo nel suo pieno sviluppo psichico, nel bene e nel male e trascuravano i conflitti interiori. L'innovazione cristiana nella letteratura è dovuta all'importanza attribuita al soggetto, alla vita intima, ai recessi dell'anima, al mistero della memoria, all'irruzione delle passioni nelle pieghe dello spirito. Agostino sottopone la sua interiorità ad una analisi psicologica del tutto nuova per i tempi e da origine alla letteratura moderna. «Giunsi a Cartagine...e amoroso d'amore, cercavo un oggetto d'amare e odiavo la sicurezza , i percorsi che non fossero pieni di tranelli. La mia anima, coperta di piaghe, si gettava all'esterno con la brama di sfregarsi alla cose sensibili... Sgraziato e volgare smaniavo, nella mia straordinaria vanità, di essere elegante e raffinato. Amare ed essere amato mi sembrava dolcissimo se potevo godere del corpo della persona amata». Nel percorso agostiniano irrompe il desiderio spirituale della Sapienza perfetta, come gli suggerisce un libro di Cicerone, l'Ortensio. Dall'amore per i corpi, dal desiderio che fortemente lo dominava, dalle passioni erotiche nasce come una gemma misteriosa un amore nuovo, diverso. Lentamente, con complesse vicissitudini interiori, con ripensamenti e crisi esistenziali, la presenza di Dio si fa strada nel cuore di Agostino «troppo tardi ti amai, bellezza così nuova e così antica, troppo tardi ti amai. Sì perché tu eri dentro di me ed io fuori. Lì ti cercavo, deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me e io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che sono inesistenti, se non esistessero in te». La sala dell'Argentina sembra un anfiteatro nel quale un'anima remota e vicinissima si confronta con i temi più ardui della vita e della verità. «Chiedo a tutti "preferite godere della verità o della menzogna?". Rispondono di preferire la verità con la stessa risolutezza con cui affermano di voler essere felici. La felicità della vita è il godimento della verità». Infine dopo molti vagabondaggi, dopo avventure culturali ed interiori diverse la chiamata spirituale si mostra senza più dubbi. «Mi chiamasti e il tuo grido sfondò la mai sordità, balenasti e tuo splendore dissipò la mia cecità, diffondesti la tua fragranza e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete di te, mi toccasti e arsi di desiderio della tua pace».

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