«IL COMANDANTE E GLI SQUALI»
Affonda l'incrociatore Usa ma nessuno se ne accorge
Nel trasferirsi a Leyte, nelle Filippine, dopo aver consegnato il micidiale carico, l'«Indianapolis» fu affondato la notte del 30 luglio, dal sommergibile giapponese I-58. Fin qui, l'affondamento rientrava tra i molti episodi della guerra nel Pacifico, se non fosse che nessuno si accorse della scomparsa della nave, sulla quale erano imbarcati 1.196 uomini. Soltanto cinque giorni dopo l'affondamento, in seguito all'avvistamento del tutto casuale dei naufraghi da parte di un aereo, iniziarono le operazioni di soccorso. Ma intanto era avvenuta una autentica tragedia, resa ancor più atroce dall'accorrere di branchi di pescecani, che fecero scempio di centinaia di marinai. A distanza di quasi sessant'anni, Dough Stanton ha ricostruito, con dovizia di particolari, l'allucinante vicenda vissuta dagli uomini dell'«Indianapolis», 879 dei quali perirono. Le perdite umane risultarono le più gravi lamentate da una singola unità combattente americana durante tutta la guerra nel Pacifico, dal dicembre 1941 all'agosto 1945. Sul comandante della nave, Charles McVay — accusato di «comportamento negligente» — si riversarono (suprema ingiustizia) tutte le colpe e tutti i rancori dei parenti delle vittime. Invece di recitare il «mea culpa», per le imprevidenze e le omissioni degli alti comandi, la Marina americana non trovò di meglio che sacrificare il comandante dell'«Indianapolis». E, quando si riunì la commissione d'inchiesta, dal Giappone venne a deporre anche il comandante dell'I-58. Ma la condanna di McVay fu confermata. Charles McVay morì suicida nel 1968, tormentato dal ricordo della tragedia dei suoi uomini. Ma il figlio ha continuato a combattere la battaglia legale e, di recente, la Marina degli Usa ha riabilitato l'ufficiale. Dough Stanton «Il comandante e gli squali» Longanesi, 335 pagine, 17,50 euro