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di LUIGI DELL'AGLIO IL 2 dicembre 1942 a Franklin Delano Roosevelt fu trasmesso un messaggio in codice.

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Così il presidente Usa apprese che Enrico Fermi, Nobel per la Fisica nel 1938, aveva «acceso il fuoco nucleare». In realtà, racconta il professor Antonino Zichichi, il «navigatore italiano» era entrato nella storia: il futuro non potrà non ricorrere alle sue scoperte. Per onorarne la memoria, sessant'anni più tardi il Parlamento italiano ha fondato il Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche "Enrico Fermi". Perché Fermi è oggi più attuale che mai? «Pensiamo all'accensione del primo fuoco nucleare di pace. Ancora oggi sembra incredibile che, usando uranio naturale (non uranio arricchito) si possa innescare una reazione a catena. Lui riuscì in questa impresa, che a quei tempi era considerata impossibile da vari illustri esponenti della Fisica più avanzata. Fermi sarà ricordato nei libri di storia dei prossimi secoli. Infatti il fuoco nucleare di pace sarà indispensabile ai posteri, quando non ci saranno più né petrolio né carbone». Quale insegnamento - attraverso il Museo - può dare oggi Enrico Fermi a chi gestisce la politica della ricerca scientifica in Italia? «Fermi voleva che la scienza restasse in mano agli scienziati. Perciò in questi ultimi mesi ci siamo battuti affinché, in Italia, potesse diventare realtà il suo insegnamento. Com'è noto, una autentica sciagura di alcune delle nostre strutture scientifiche è la presenza, a livelli di alta responsabilità, di persone che non hanno mai scoperto né inventato alcunché. Fermi insegna che la scienza non è "democratica", è una disciplina fortemente meritocratica. Chi non ha mai contribuito al progresso delle conoscenze scientifiche non ha titoli per occuparsi di scienza. Il ministro Letizia Moratti ha fatto suo questo insegnamento». È nato il Centro Fermi, si realizza una grande iniziativa. In quali battaglie si impegnerà? «Il Centro ha come base una forte convinzione di Fermi. Lui visse sulle sue spalle i primi disastri della divulgazione cosiddetta scientifica. Fermi voleva che a fare cultura scientifica fossimo noi scienziati, senza delegare ad altri questa grande responsabilità. Faccio un esempio: nessun grande scienziato ha mai detto che Scienza e Fede sono in antitesi. Eppure sembra quasi una verità assodata che ci debba essere un conflitto logico tra la Scienza e la Fede. È stata la divulgazione cosiddetta scientifica a produrre questa mistificazione culturale. E a farci credere inoltre che Scienza e Tecnica siano due attività che non è possibile distinguere. Ha preso corpo così l'altra serie di mistificazioni culturali che attribuisce a noi scienziati le colpe che sono invece della violenza politica (si pensi al pianeta imbottito di bombe) e di quella economica (le emergenze planetarie)». Il Centro avrà il compito di promuovere la cultura scientifica. Fermi aveva idee molto precise sulla dignità della scienza rispetto alle discipline umanistiche. «Quando si trovò negli Usa, capì che era stato un errore non dare subito una risposta al più noto filosofo italiano, Benedetto Croce, il quale - per reagire alla crescente popolarità di Fermi - aveva proclamato: "Gli scienziati sono vili meccanici". Il Premio Nobel si rammaricò moltissimo di non aver reagito a questo devastante attacco contro la scienza, a questa Hiroshima culturale. Il Centro Fermi farà giustizia anche di questa diffusa mistificazione».

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