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Mattioli, l'amico degli animali

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Le è piaciuto recitare in questo film? «Il pranzo della domenica è stata una occasione eccezionale. Un film corale. Ritrovarsi insieme intorno al desco familiare è un piacere da assaporare ma anche un modo per comunicare nella vita di tutti i giorni. Il film è una metafora dell'esistenza. L'idea della famiglia non ne esce distrutta». Cosa non sopporta? «Non sopporto le meschinità della vita, condanno le spie e gli uomini piccoli piccoli. Combatto chi fa del male ai bambini e agli animali. Viviamo in un mondo veramente difficile per i buoni». È credente? «Ho fiducia in un qualcosa che non so di preciso cosa sia. In un assoluto del quale sono convinto. Spesso l'assoluto siamo noi stessi». Perché ama tanto gli animali? «Abito a Fiano e con me e mia moglie vivono diciannove cani trovatelli, due cavalli e due asinelli salvati dal macello. Gli animali sanno essere fedeli più degli uomini». Perché è entrato nel mondo dello spettacolo? «È un mondo che mi ha appassionato sin da piccolo. La mia carriera artistica è cominciata battendo le mani in un programma della Rai, "Dove sta Zazzà" di Antonello Falqui. Ho fatto varie comparse e anche lo stunt-men. Poi una partecipazione a "Il magnifico cornuto" con Veronica Lario. Poi tanti film, il Puff e il Bagaglino, il Sistina». Ha rimosso la sua infanzia? «Assolutamente no. Sono nato in una borgata romana, Primavalle. Per me lasciare la borgata è stata una scelta molto difficile. I miei genitori mi hanno dato tanto. Ora purtroppo non sono più con me. Ho solo un fratello al quale sono molto legato». E sua moglie? «La mia seconda moglie, Barbara, mi ha cambiato la vita. Mi ha insegnato a vivere. Ho anche una figlia, Francesca, di 28 anni, del primo matrimonio». Se sua figlia volesse fare l'attrice, lei sarebbe d'accordo? «Francesca ha provato a fare del cinema. Non ero del tutto consenziente. Per fortuna ora ha abbandonato questa idea. Il mondo del cinema è bellissimo ma crudele». Lei farà sempre l'attore? «Non so fare altro. Mi auguro di morire recitando».

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