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Sardegna nera, con rigore

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PIERO SANNA, un carabiniere regista di cinema. Con tutte le carte in regola in entrambe le funzioni. Nell'Arma dal '62, oggi è brigadiere in servizio presso il Nucleo Operativo del Comando di Milano. Senza venir mai meno ai suoi impegni, ha studiato cinema, ha frequentato la Scuola di Olmi e ha realizzato dei documentari molto seri e apprezzati, alcuni sulla Sardegna dov'è nato. Per esordire nel lungometraggio si è rivolto di nuovo alla Sardegna, mostrandone usi, riti e anche chiusure attraverso gli occhi di un giovane carabiniere di Rimini che vi ha la sua prima destinazione. Fra i temi, l'omertà, anche se si sono subiti dei torti gravi, l'uccisione di un padre, ad esempio, in seguito a un furto di pecore tra i monti, e l'incertezza della giustizia perché quando un ragazzo trova il coraggio di denunciare i colpevoli, non viene creduto in tribunale e, dopo, pagherà con la vita. Personaggi disegnati con rigore, asciutti, interpretati quasi sempre da non professionisti che, per restare autentici, si esprimono in sardo (con sottotitoli), mentre, attorno, oltre all'estraniamento del carabiniere in arrivo dal Continente, coinvolto anche in una fugace storia d'amore con una ragazza del luogo, si dà spazio alle più antiche tradizioni isolane, specie a quelle della Settimana Santa: dei documenti, però, che si riescono sempre a collegare con il contesto drammatico. Senza cedere mai ad accenti facili, neanche nella ricostruzione dal vivo dei rituali più positivi dell'Arma, il periodo di formazione in una caserma di Roma, il primo impatto con i nuovi doveri. E, appunto, senza accettare nessuna conclusione consolatoria. Perché la realtà non sia mai tradita e il cinema - immagini e costruzione narrativa - la rispecchi fedelmente. Un felicissimo esordio.

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